Cos’è la disbiosi intestinale e come prevenirla?

La disbiosi è un’alterazione della flora batterica. Solitamente il termine disbiosi è accompagnato da un aggettivo che indica la parte del corpo interessata: ad esempio disbiosi vaginale o disbiosi orale. Comunemente quando si parla esclusivamente di disbiosi si indica un’alterazione sia quantitativa sia qualitativa della flora batterica intestinale. Nel nostro intestino, soprattutto in quello crasso, si concentrano un’infinita quantità di batteri buoni, di batteri cattivi e di altri patogeni come virus e miceti. Come si è detto negli articoli precedenti, è importante preservare il benessere della flora batterica intestinale che svolge un’azione difensiva in grado di proteggere l’organismo dall’attacco dei batteri patogeni. L’alterazione di questo delicato equilibrio provoca l’aumento dei batteri cattivi, pericolosi per il nostro organismo.

Sono diverse le cause che possono provocare la disbiosi intestinale. Alla base vi è spesso un’alimentazione scorretta poiché la flora batterica intestinale si nutre soprattutto di residui di cibo non assorbiti. L’eccessivo consumo di zuccheri, alcool e grassi a fronte di un insufficiente apporto di fibre come frutta e verdura danneggia il microbiota intestinale. Anche l’assunzione di farmaci come antibiotici (non solo assunti su base prescrittiva ma soprattutto derivanti dalla zootecnia) e lassativi contribuisce ad impoverire il microbiota. Solitamente somministrate per debellare le infezioni causate dai batteri, le terapie antibiotiche distruggono insieme ai batteri “cattivi” anche una parte di quelli “buoni”.
Le possibili cause della disbiosi vanno anche ricercate nello stile di vita. Ritmi frenetici, stress e alterazione del ritmo sonno-veglia determinano l’aumento del cortisolo, favorendo la diminuzione dei batteri buoni e l’aumento di quelli patogeni. Inoltre poiché l’intestino è il nostro secondo cervello, risente anche di eventuali stati depressivi o di ansia.

La disbiosi si manifesta attraverso diversi sintomi. I più comuni colpiscono l’apparato gastrointestinale: gonfiore addominale, meteorismo dopo i pasti, flatulenza, nausea, vomito e stitichezza alternata a diarrea. Soprattutto nelle donne la disbiosi intestinale provoca spesso infezioni genitali ricorrenti come candida e vaginiti. Naturalmente quelli elencati sono solo alcuni dei sintomi più frequenti, ma la disbiosi può causare anche altri disturbi come alterazione del sonno, stanchezza e irritabilità.

Uno degli strumenti più efficaci e semplici per diagnosticare la disbiosi è l’analisi delle feci con un test che mira ad analizzare il microbioma intestinale. Dopo essersi accertati che si tratta di disbiosi è importante ripristinare il normale equilibrio della flora batterica. In prima istanza occorre quindi limitare i fattori aggravanti come i farmaci antibiotici e gli alimenti sospetti. Alle volte però i sintomi della disbiosi non sono riferibili ad un solo alimento, ma a determinate famiglie alimentari: come nel caso della disbiosi putrefattiva e fermentativa. La disbiosi putrefattiva è dovuta soprattutto ad un’alimentazione ricca di grassi animali e carni, ma povera di fibre e può essere aggravata dal concomitante uso di antibiotici. Chi ne soffre lamenta per lo più sintomi di stitichezza e meteorismo. In questo caso si raccomanda l’assunzione di fermenti lattici probiotici come bifidobatteri o integratori a base di fibre, controindicati invece in caso di disbiosi fermentativa. Quest’ultima è causata soprattutto da una dieta ricca di zuccheri e di carboidrati complessi, da cui traggono nutrimento i batteri cattivi che ne sono responsabili. In questo caso, occorre indagare sull’eventuale presenza di intolleranze alimentari e seguire una dieta specifica povera di amidi e zuccheri semplici.

Attraverso uno stile di vita sano e alcuni piccoli accorgimenti è possibile prevenire la disbiosi: escludere gli alimenti confezionati e gli zuccheri raffinati, limitare il consumo di alcool e l’assunzione di farmaci sono i primi passi per prendersi cura del proprio intestino.

Microbioma intestinale: i fattori esterni che lo influenzano

Il microbioma intestinale, come un’impronta digitale diversa per ciascun individuo, ci accompagna per tutta la vita. Eppure la sua evoluzione è influenzata da numerosi fattori esterni. Tutto ha inizio con il parto. Nel grembo materno il neonato è sprovvisto di microbi. È al momento della nascita che, per la prima volta, entra in contatto con questi microrganismi. Il tipo di parto influisce sulla tipologia di batteri che popoleranno l’organismo del bambino.
Con il parto naturale, i primi batteri con cui il neonato entrerà in contatto sono quelli della flora batterica genitale della madre, che gli forniranno sin da subito la capacità di metabolizzare il latte materno e sviluppare buone difese immunitarie. Mentre con il parto cesareo, la prima flora batterica con cui il neonato entra in contatto è quella della cute della madre, ragione per cui è più probabile che il bambino possa avere problemi digestivi o essere più carente di difese immunitarie.

Nelle fasi di vita successive, l’allattamento ricopre un ruolo determinante nella formazione del microbioma. I bambini allattati al seno, in un arco di tempo compreso tra i 6 e i 12 mesi, entrano in contatto con i batteri presenti sia sulla pelle della madre sia nel latte, sviluppando così un microbioma ricco di batteri “buoni” e perfettamente in grado di esercitare un effetto barriera verso i batteri patogeni. Nei due/tre anni di vita successivi, il microbioma del bambino continuerà ad evolversi in risposta ai diversi stimoli cui verrà sottoposto dall’ambiente che lo circonda.

Anche l’uso prolungato e ripetuto di antibiotici può incidere negativamente sulla composizione del nostro microbioma, riducendone la biodiversità e impoverendone la popolazione probiotica soprattutto nella prima fase del suo sviluppo (i primi due-tre anni di vita) e anche in età adulta.

Inoltre, esiste una strettissima correlazione tra alimentazione e microbioma. Una dieta corretta è alla base del benessere del microbioma intestinale. Per esempio, i regimi alimentari dei paesi industrializzati (caratterizzati da cibi ad alto contenuto calorico, ricchi di zuccheri e grassi e carenti di fibre, per l’assunzione di poca frutta, cereali integrali e verdure), possono alterare il microbioma. Poiché ne riducono la biodiversità e compromettono la funzione di barriera protettiva intestinale, favoriscono l’insorgenza di processi infiammatori. Numerosi studi scientifici dimostrano come un microbioma in salute possa essere utile nella prevenzione delle malattie tipiche dell’invecchiamento.

Anche una corretta idratazione è alla base del buon funzionamento del nostro intestino. Questo perché l’organismo umano è costituito per il 50-70% di acqua e, dal punto di vista della fisica quantistica, ben il 98% delle molecole del nostro corpo sono molecole di acqua. Allo stesso modo, l’attività fisica può migliorare la funzionalità del microbioma intestinale, purché sia costante e di moderata intensità (lo sport agonistico, invece, può essere dannoso per il nostro microbiota intestinale).

Per la sua componente nervosa, l’intestino è noto anche come “secondo cervello”. Ecco che allora, lo stress cronico ha effetti negativi sul microbioma, causando disordini intestinali di vario tipo, come la sindrome del colon irritabile.

E così che una parte interna del nostro organismo come il microbioma intestinale, può essere influenzato da fattori esterni.