ALIMENTAZIONE E FESTIVITA’: alcuni consigli per non esagerare

Si sa, le festività natalizie mettono a dura prova la nostra linea; si comincia con il cenone della Vigilia e si finisce con quello del 31, forse.  Il rischio di esagerare a tavola e far spostare l’ago della bilancia verso destra è dietro l’angolo.

In realtà, il nostro organismo ha dei meccanismi interni di autoregolazione che ci permetterebbero di mantenere il peso di partenza se gli eccessi calorici si limitassero ai tradizionali pasti del 24, 25 e 31 soprattutto se, tra una maratona gastronomica e l’altra, ci concedessimo qualche salutare passeggiata “digestiva”. Il problema è che, spesso, gli stravizi hanno inizio ben prima della Vigilia, con le varie cene di auguri, e si prolungano fino alla Befana, tra un brindisi con gli amici e una fetta di panettone con i parenti.

E allora si cerca di ricorrere a tutti gli escamotage possibili per limitare i danni. Molti pensano che digiunare tutto il giorno in vista di un cenone o viceversa andare a letto a stomaco vuoto dopo un lauto pranzo sia la soluzione, ma non è assolutamente così. Anzi, saltare i pasti è controproducente: l’organismo entra in uno stato di emergenza, chiamato “carestia”, per cui, dopo un digiuno, tende ad assimilare di più per sopravvivere alla scarsità di cibo. Oltretutto, arrivare affamati al pasto successivo aumenta il rischio di abbuffarsi davanti a tutte le leccornie presenti sulla tavola.

Ecco qualche piccolo accorgimento per evitare gli eccessi e godersi le feste senza sensi di colpa:

  1. Bevi di più

Se durante tutto l’anno bere almeno 2 L di acqua al giorno è buona norma, in occasione delle feste e di qualche peccato di gola di troppo è quanto mai fondamentale. L’acqua aiuta ad eliminare le tossine e i liquidi in eccesso, oltre a favorire una sensazione di sazietà.

  1. L’ attività fisica non va in vacanza!

Alzati da tavola prima di sentirti completamente sazio, per non dire pieno, e non cedere alla tentazione del divano subito dopo aver mangiato! È sufficiente una bella camminata a passo svelto di circa 30 minuti per riattivare il tuo metabolismo e favorire la digestione.

  1. “La prima digestione avviene nella bocca”

Mastica lentamente. Questo ti permetterà di assaporare fino in fondo le pietanze e goderti ogni singolo boccone, senza abbuffarti. Dopotutto, il buon cibo è l’occasione per rilassarsi con amici e parenti, lontani dalla solita routine frenetica.

  1. Di tutto un po’, grazie!

Non è necessario privarsi di niente; l’importante è tenere sotto controllo le porzioni.

  1. Qualità, non quantità!

Spesso davanti ai buffet delle feste o alle grandi tavolate, siamo portati a riempire il piatto di stuzzichini vari, senza scegliere attentamente cosa davvero vale pane di assaggiare. Questo Natale prova a mangiare meno, ma meglio!

  1. Aperitivi light

Via libera alle cruditè di finocchi, carote e sedano: decisamente più salutari delle patatine, meno caloriche e ricche di fibre, che riducono il senso di fame.

  1. Attenzione agli “avanzi”!

Probabilmente in casa sarà rimasto qualcosa di quel favoloso cenone della sera prima; tuttavia è meglio evitare di consumare quelle stesse portate nei giorni successivi: il rischio è di assumere troppe calorie. Dopo le abbuffate, così come nei giorni precedenti, abituati a consumare pasti più leggeri: meglio puntare su proteine vegetali o nobili come quelle contenute nel pesce bianco insieme ad abbondanti quantità di verdure.

  1. Un brindisi alla salute!

Concediti il piacere di un brindisi o di pasteggiare con un buon calice di vino, preferibilmente rosso, ma senza esagerare! Alcolici e superalcolici affaticano il fegato e aumentano l’introito calorico.

  1. Non saltare i pasti!

Come dicevamo all’inizio, saltare i pasti non eviterà di ingrassare. Anzi, rallenterà il tuo metabolismo.

  1. Vivi al meglio la magia di questi giorni speciali!

Fai il pieno di energie positive e prepararti ad accogliere al meglio questo nuovo anno!

 

 

FOOD FOR BRAIN: cosa mangiare per mantenere il cervello in salute

Vi siete mai domandati cos’è quell’improvvisa fame che ci coglie di sorpresa quando siamo concentrati sul lavoro o quando studiamo? Non è lo stomaco che brontola, ma il nostro cervello che ha bisogno di carburante, quello giusto per svolgere al meglio la sua attività. Il cervello è infatti un organo ad alta intensità energetica: consuma, cioè, circa il 20% delle calorie totali che assumiamo e necessita di alcuni nutrienti particolari per rimanere in salute più a lungo.

Esaminiamo insieme quali sono gli alimenti in grado di “allenare” il nostro cervello:

1. Pesce Azzurro

Gli Omega 3, presenti in abbondanti quantità nel pesce azzurro (salmone, tonno, sgombro, sardine e aringhe), intervengono nella formazione e nei meccanismi di riparazione delle membrane che si trovano attorno a tutte le cellule del nostro organismo, comprese quelle cerebrali. Svolgono una potente azione antiossidante, riducendo lo stress e l’infiammazione cellulare, responsabili dell’invecchiamento cerebrale e di diversi disturbi neurodegenerativi, come il morbo di Alzheimer.

2. Cioccolato fondente

 Oltre a far bene all’umore, piccole quantità di cioccolato fondente giovano anche alla salute del nostro cervello poiché i flavonoidi, contenuti nel cacao, favoriscono lo sviluppo di neuroni e vasi sanguigni in parti del cervello coinvolte nella memoria e nell’apprendimento.

 3. Bacche

 Così come il cioccolato fondente, anche le bacche garantiscono un eccezionale apporto di flavonoidi. In particolare antocianine, acido caffeico, catechina e quercetina che favoriscono le connessioni tra le cellule cerebrali e ne aumentano la plasticità, con effetti positivi sulla capacità mnemonica e di apprendimento. La loro azione antiossidante abbassa l’incidenza delle malattie neurodegenerative e del conseguente declino cognitivo. Via libera quindi a bacche di Goji, bacche di Acai, more, mirtilli, lamponi e fragole.

4. Frutta secca oleosa, semi e cereali integrali

La frutta secca oleosa, insieme ai cereali integrali, ha un elevato tenore di vitamina E, che, oltre a proteggere le cellule dai danni causati dallo stress ossidativo, supporta le capacità cognitive del nostro cervello e il suo corretto funzionamento soprattutto con l’avanzare dell’età. Non devono mai mancare noci, nocciole, mandorle e semi (di lino, di chia ecc..), ideali come spuntino o nelle insalate.

5. Caffè

Diversi studi hanno dimostrato che l’assunzione di caffeina, in dosi moderate e salvo particolari controindicazioni, migliora la capacità di elaborare le informazioni ed è correlata ad un minor rischio di demenza senile, morbo di Parkinson e Alzheimer.

 6. Avocado, anacardi e arachidi

Avocado, arachidi, anacardi, olio di soia, girasole e colza sono tra gli alimenti che vantano un maggior tenore di grassi insaturi, detti anche “grassi buoni” perché riducono il rischio di ipertensione, limitando l’insorgere delle malattie cardiovascolari e di quelle neurodegenerative. Nelle arachidi inoltre sono presenti buoni livelli di resveratrolo (così come nei gelsi e nel rabarbaro) che ha un’azione anti-infiammatoria.

 7. Uova

 Anche le vitamine del gruppo B (soprattutto B-6 e B-12), contenute soprattutto nelle uova, sono grandi alleate della salute del cervello poiché contribuiscono al metabolismo delle cellule cerebrali. La carenza di queste sostanze, riscontrata perlopiù negli anziani, è collegata ad una riduzione del volume cerebrale e al rischio di sviluppare nel tempo malattie come la depressione e il declino cognitivo.

 8. Broccoli, cavoli e rape

Le crucifere, come broccoli, cavolfiore, rape, cavolini di Bruxelles sono superfood per il nostro cervello: apportano glucosinolati e vitamina C che preservano le cellule cerebrali dall’azione ossidante dei radicali liberi.

La salute del nostro cervello passa attraverso un corretto stile di vita, fatto di sane abitudini, alimentazione equilibrata, attività fisica e pensieri positivi.

 

Crema di zucca con formaggio magro ed erba cipollina

Gustose e leggere ricette ideate dalla food blogger Silvia Musajo con la collaborazione del dott. De Nobili, massimo esponente italiano di medicina potenziativa, esperto in medicina antiaging, dietetica e nutrizione.

L’autunno è arrivato e con esso torna in tavola la zucca, un ortaggio molto apprezzato, appetitoso e ricco di proprietà benefiche.

A dispetto del sapore dolce che può trarre in inganno, la zucca è povera di calorie ed è adatta anche all’alimentazione di chi ha problemi di glicemia.

La sua polpa è costituita per oltre il 90 % di acqua e, nonostante l’indice glicemico alto, ha un basso contenuto di carboidrati, inoltre alcuni studi le hanno attribuito proprietà ipoglicemizzanti.

La zucca è ricca di betacarotene, vitamine del gruppo B, vitamina C e sali minerali (in particolare fosforo, ferro, potassio, magnesio, zinco e selenio). Grazie all’alto contenuto di acqua e di potassio aiuta a contrastare la ritenzione idrica.

Ecco una ricetta che vi aiuterà a tenervi in forma in dolcezza!

Ingredienti per 2 persone

500 gr di zucca (già pulita)
80 ml di brodo vegetale c.a.
60 gr di feta light o altro formaggio magro
15 gr di cipolla
Un cucchiaio di olio evo
Erba cipollina q.b.

Procedimento

Mettete in una pentola la cipolla tagliata a fettine con l’olio evo e fatela appassire per qualche minuto a fiamma dolce, aggiungete quindi la zucca tagliata a pezzi e il brodo vegetale.

Coprite la pentola con un coperchio e fate cuocere la zucca a fiamma moderata fino a che non sarà molto tenera (20-25 minuti secondo il tipo di zucca), girate di tanto in tanto.

A cottura ultimata frullate tutto in un mixer fino ad ottenere una crema vellutata; se vi sembra necessario, per ottenere una consistenza più morbida, aggiungete un po’ di brodo vegetale.

Servite la crema di zucca con il formaggio magro tagliato a cubetti, finite i piatti aggiungendo qualche stelo di erba cipollina o altre erbe aromatiche a piacere.

Polpette di sgombro al forno con salsa allo yogurt e aneto

Gustose e leggere ricette ideate dalla food blogger Silvia Musajo con la collaborazione del dott. De Nobili, massimo esponente italiano di medicina potenziativa, esperto in medicina antiaging, dietetica e nutrizione.

Il pesce azzurro è un alimento prezioso per chi vuole seguire un’alimentazione sana e oltre ad essere gustoso è generalmente più economico rispetto ad altre tipologie di pesci.

Fanno parte di questa grande famiglia pesci dalle diverse dimensioni, tra i più conosciuti ci sono alici, sarde, sgombro, aringa, tonno e pesce spada, che hanno in comune una livrea di colore blu-argento.

Il pesce azzurro ha un elevato contenuto di acidi grassi essenziali Omega 3 la cui assunzione, attraverso una corretta e sana alimentazione, è utile a ridurre la concentrazione di trigliceridi nel sangue e prevenire malattie cardiovascolari.

Oggi vi proponiamo delle piccole polpette di sgombro cotte al forno accompagnate da una freschissima salsa di yogurt e aneto che rende questo piatto adatto ad essere condiviso con gli amici in occasione di un sano e sfizioso aperitivo.

Ingredienti per 15 piccole polpette
(per 5 persone)

300 gr di filetti di sgombro fresco senza pelle
120 gr di patata lessa
30 gr di crusca d’avena o pangrattato integrale
Un cucchiaio e mezzo di capperi
La buccia grattugiata di mezzo limone bio
Mezzo spicchio d’aglio
Prezzemolo q.b.
Sale e pepe q.b.

Ingredienti per la salsa allo yogurt e aneto

170 gr di yogurt greco naturale 0 grassi
Un cucchiaio di aneto fresco tritato c.a.
Mezzo cucchiaino di senape di Digione
Uno spicchio d’aglio
Un pizzico di sale

Preparazione della salsa

Mettete lo yogurt in una piccola ciotola, aggiungete l’aneto tritato, la senape, lo spicchio d’aglio sbucciato e tagliato in due per il lungo, un pizzico di sale e mescolate bene.

Se vi è possibile preparate la salsa allo yogurt e aneto in anticipo e lasciatela riposare per qualche ora in frigorifero così risulterà più aromatica.

Prima di servirla mescolate nuovamente ed eliminate i pezzi d’aglio.

Preparazione delle polpette

Per preparare le polpette di sgombro al forno, prima di tutto lessate una patata intera e con la buccia in modo che assorba meno acqua possibile (meglio utilizzarne una di tipo farinoso come quelle per preparare gli gnocchi).

Tagliate a pezzi i filetti di sgombro, tritateli in un mixer e trasferiteli in una ciotola.

Tritate l’aglio sottilmente e il prezzemolo e i capperi in modo più grossolano, aggiungeteli al pesce insieme a 120 gr di patata lessa schiacciata, la buccia grattugiata di limone, sale e pepe q.b.

Mescolate gli ingredienti fino ad ottenere un composto omogeneo.

Formate le polpette e impanatele schiacciandole leggermente (se utilizzate la crusca d’avena per renderla più sottile potete prima tritarla con un mini mixer).

Adagiatele le polpette su una leccarda coperta con carta da forno e cuocetele in forno già caldo a 200° C in modalità ventilata.

Giratele dopo 10 minuti e proseguite la cottura per altri 10 minuti.

Le polpette di sgombro al forno sono buone sia calde che a temperatura ambiente, per un aperitivo sano e gustoso servitele con la salsa allo yogurt e aneto e un pinzimonio di verdure.

Involtini di branzino al limone con coulis di pomodoro

Gustose e leggere ricette ideate dalla food blogger Silvia Musajo con la collaborazione del dott. De Nobili, massimo esponente italiano di medicina potenziativa, esperto in medicina antiaging, dietetica e nutrizione.

D’estate sentiamo naturalmente l’esigenza di mangiare cibi più leggeri e il pesce è un alimento perfetto per questa stagione calda.

Il branzino, o spigola, è un pesce magro ed è ricco di proteine altamente digeribili; è una buona fonte di potassio, fosforo, calcio, iodio e ferro, quest’ultimo lo rende particolarmente interessante e adatto all’alimentazione di chi ha problemi di anemia.

La percentuale di grassi può variare sensibilmente a seconda se si tratta di un pesce pescato o d’allevamento, per cui è sempre consigliabile scegliere il primo.

Il branzino d’allevamento non è comunque da demonizzare, ma è bene accertarsi di quale sia la provenienza: in Italia esistono allevamenti di qualità dove utilizzano solo mangimi di origine naturale e non vengono somministrati antibiotici o altri medicinali.

Ingredienti per 4 persone

600 gr di filetti di branzino
3 pomodori ramati maturi
30 ml di vino bianco c.a.
Due cucchiai di olio evo
La buccia grattugiata di un limone bio
Aneto q.b.
Basilico q.b.
Sale q.b.
Pepe q.b.
Facoltativo: erba cipollina q.b.

Procedimento

Lavate i pomodori, divideteli in due ed eliminate la parte interna con i semi, tagliateli a pezzi e trasferiteli nel bicchiere di un frullatore insieme a una fettina d’aglio, un filo d’olio evo e sale q.b.

Frullate sottilmente i pomodori e passate il composto ottenuto attraverso un setaccio o un colino così da eliminare eventuali semi residui e la buccia.

Conservate il coulis di pomodoro in frigorifero fino al momento di servire.

Disponete i filetti di branzino su un tagliere, cospargeteli con un po’ di buccia di limone grattugiata, foglioline di aneto, sale e pepe q.b.

Arrotolate i filetti di branzino formando gli involtini e fermateli con degli stuzzicadenti.

Scaldate una pentola antiaderente, aggiungete l’olio e gli involtini di branzino al limone e dopo un minuto sfumate con il vino bianco, lasciate evaporare per qualche secondo quindi abbassate la fiamma e proseguite la cottura dolcemente coprendo con un coperchio.

Dopo 5 minuti girate gli involtini usando molta delicatezza e proseguite la cottura per altri 3 minuti, spegnete la fiamma e lasciateli nella pentola ancora per un paio di minuti.

Prima della consumazione eliminate gli stecchini e, se volete, legate ogni rotolino di pesce con uno stelo di erba cipollina.

Servite gli involtini di branzino al limone con il coulis di pomodoro distribuito sul fondo dei piatti, decorate con qualche fogliolina di basilico fresco.

Spiedini di pollo marinato nel lime con semi di sesamo

Una ricetta gustosa e leggera ideata dalla food blogger Silvia Musajo con la collaborazione del dott. De Nobili, massimo esponente italiano di medicina potenziativa, esperto in medicina antiaging, dietetica e nutrizione.         

In Italia l’assunzione di sale è decisamente superiore a quella raccomandata di 5 grammi al giorno. È stimato, infatti, che il consumo medio giornaliero è di 10,6 g negli uomini e di 8,2 g nelle donne.

Una dieta troppo ricca di sale può portare ipertensione, malattie cardiovascolari e facilitare l’insorgenza di obesità e osteoporosi.

Per limitarne l’assunzione possiamo insaporire le nostre pietanze con spezie ed erbe aromatiche.
Ecco una ricetta per realizzare un piatto saporito e adatto anche a chi segue una dieta iposodica.

Ingredienti per 4 persone

600 gr di petto di pollo
Un cucchiaio di olio evo
Un lime
Un pezzo di 3 cm di zenzero fresco
Uno spicchio d’aglio
Pepe bianco q.b.
Mezza zucchina
Mezzo peperone rosso
5 gr di semi di sesamo tostati
Foglie di cerfoglio q.b.

Procedimento

Tagliate il petto di pollo a pezzi spessi circa 3 cm e trasferitelo in una ciotola.

Sbucciate lo spicchio d’aglio, tagliatelo per il lungo ed eliminate il germoglio centrale; sbucciate lo zenzero e tritatelo con un coltello affilato insieme all’aglio.

Schiacciate il trito ottenuto utilizzando uno spremiaglio in modo da estrarre solo il succo e la parte di polpa più tenera, unitelo al pollo.

Aggiungete alla carne il succo del lime, pepe bianco a piacere e mescolate bene.

Aggiungete infine l’olio evo e mescolate nuovamente, coprite la ciotola con pellicola e lasciate riposare in frigorifero per almeno un’ora.

Tostate i semi di sesamo: metteteli in un pentolino su fiamma vivace, quando inizieranno a scoppiettare muoveteli per qualche secondo facendo ruotare la pentola, appena li vedrete diventare un po’ più scuri e sentirete un profumo gradevole, trasferiteli immediatamente in una ciotola e fateli raffreddare.

Trascorso il tempo di riposo del pollo marinato nel lime, infilzate i pezzi di carne negli spiedini alternandoli a fette di zucchina e peperone rosso.

Potete cuocere gli spiedini su una piastra o una griglia antiaderente ben calda, 2-3 minuti per lato.

Cospargete gli spiedini di pollo marinato nel lime con i semi di sesamo e le foglie di cerfoglio, servite subito.

Insalata di asparagi e quinoa con gamberi

Una ricetta gustosa e leggera ideata dalla food blogger Silvia Musajo con la collaborazione del dott. De Nobili, massimo esponente italiano di medicina potenziativa, esperto in medicina antiaging, dietetica e nutrizione.                                                                                                                                                                                                                                      

Gli asparagi sono ricchi di antiossidanti e fibre che, oltre ad aiutare il transito intestinale, riducono i livelli di assorbimento di colesterolo e glucosio dopo i pasti.

Hanno un indice glicemico molto basso e per questo sono indicati anche nell’alimentazione dei soggetti diabetici.

Ecco la ricetta di un piatto completo, leggero e gustoso dove gli asparagi sono i protagonisti.

Ingredienti per 4 persone

  • 400 gr di asparagi
  • 300 gr di code di gambero
  • 250 gr di quinoa mista
  • 3 cucchiai di olio evo
  • Il succo di mezzo limone
  • Erba cipollina fresca q.b.
  • Sale e pepe q.b.

Procedimento

Per preparare questa gustosa insalata di asparagi, la prima cosa da fare è sciacquare molto bene la quinoa in modo da eliminare le saponine che la ricoprono e che le danno un sapore lievemente amaro.

Mettete la quinoa in un grande colino a maglie sottili, inserite il colino in una ciotola e riempitela di acqua fredda corrente.

Smuovete la quinoa girandola con le dita, quindi sollevate il colino e buttate via l’acqua che sarà diventata un po’ torbida.

Ripetete questa operazione almeno 3-4 volte.

In una pentola portate a bollore 350 ml d’acqua leggermente salata e versatevi la quinoa precedentemente sciacquata e ben scolata.

Fate cuocere a fiamma moderata fino a quando l’acqua non sarà completamente assorbita (10-15 minuti), mescolate delicatamente di tanto in tanto.

A cottura ultimata spegnete la fiamma e coprite la pentola con un coperchio, lasciate riposare per 5 minuti.

Trascorso questo tempo, trasferite la quinoa in una ciotola, aggiungete un cucchiaio d’olio evo e mescolatela delicatamente con una forchetta per sgranarla; coprite la ciotola e lasciate raffreddare.

Sciacquate e sgusciate le code di gambero, praticate con un coltello affilato una leggera incisione lungo i dorsi ed eliminate gli intestini.

Cuocete i gamberi in acqua bollente salata per un minuto quindi trasferiteli in una ciotola, copritela e lasciate raffreddare.

Eliminate la parte più spessa e dura dei gambi degli asparagi, lavateli e cuoceteli in acqua bollente leggermente salata per 2-3 minuti (secondo la loro dimensione) avendo cura che restino croccanti.

Una volta pronti, trasferiteli subito in una ciotola con acqua fredda (meglio se con ghiaccio) in modo da bloccare la cottura.

Tagliate gli asparagi a piccole rondelle lasciando le punte intere, uniteli ai gamberi e alla quinoa e condite con 2 cucchiai di olio evo, il succo di mezzo limone, erba cipollina tritata a piacere, sale e pepe.

L’insalata di asparagi, quinoa e gamberi può essere servita sia a temperatura ambiente che fredda.

VITAMINA D: tutti i benefici della vitamina del sole

La vitamina D viene in grande parte accumulata dal nostro organismo attraverso l’esposizione ai raggi solari e va integrata soprattutto, ma non solo, in situazioni particolari, legate alla crescita, alla gravidanza e all’allattamento.
In natura la vitamina D si presenta sotto due forme: la vitamina D2 (o ergocalciferolo), presente prevalentemente nei vegetali, e la vitamina D3 (o colecalciferolo), che viene sintetizzata dal nostro organismo in seguito all’esposizione ai raggi solari.

Solo un terzo del fabbisogno giornaliero di vitamina D proviene dall’alimentazione, mentre il restante deve essere in ogni caso ricavato dall’esposizione al sole o, in sua mancanza, da integratori.
Tuttavia, un consumo regolare dei cibi che ne sono più ricchi può in parte contribuire a controbilanciare l’insufficiente produzione di vitamina D3, soprattutto nei periodi di minore esposizione ai raggi solari, come nei mesi autunnali e invernali.
Tra gli alimenti che contengono le maggiori quantità di vitamina D ricordiamo soprattutto alcuni tipi di pesce, come il salmone, le sardine, lo sgombro, il tonno e merluzzo; i derivati del latte intero; le uova e i funghi secchi.

La vitamina D, regolando il metabolismo del calcio e del fosforo, è utile nell’azione di calcificazione delle ossa e nel mantenimento dell’equilibrio della struttura del tessuto osseo nel corso della vita adulta.
L’esperienza clinico-pratica e gli studi scientifici condotti negli ultimi anni stanno aprendo a nuove ipotesi riguardo le funzioni della vitamina D, che può essere definita un “para-ormone”, dal momento che permette il corretto funzionamento di circa tremila geni. La vitamina D risulta essere importante sia nella secrezione insulinica (nel controllo del diabete tipo II) e nel dimagrimento, sia nell’integrità cardiovascolare, nella cancerogenesi (legata alla crescita e differenziazione cellulare), nelle malattie auto-immuni e nella funzione del tessuto muscolare e di quello nervoso.

Dal momento che la vitamina D interviene nella regolazione di innumerevoli funzioni metaboliche fondamentali, un suo apporto insufficiente, se protratto a lungo, potrebbe portare allo sviluppo di innumerevoli disturbi e disfunzioni.
Ecco perché è fondamentale mantenere adeguati livelli di vitamina D, sia in fase di sviluppo per evitare problemi legati al rachitismo e allo sviluppo di fragilità e malformazioni ossee, sia in età adulta per scongiurare problematiche legate alla perdita di massa ossea (osteopenia) e all’osteoporosi.

Come già illustrato, la fonte di vitamina D per eccellenza è l’esposizione alla luce solare. Sono sufficienti 20 – 30 minuti al giorno in pieno sole per assicurarsi tutti i benefici. I tempi di esposizione possono variare a seconda della stagione, della latitudine alla quale si abita e del fototipo di appartenenza della pelle.
La vita moderna, tuttavia, si svolge sempre meno all’aria aperta e questo spiega come mai molte persone abbiano un deficit di vitamina D, indipendentemente dal tipo di dieta seguito. Appare spesso necessario, quindi, ricorrere all’integrazione di vitamina D, che andrebbe assunta preferibilmente con dosi quotidiane (da 1000 a 4000 UI a seconda dei casi) e non a dosi settimanali o mensili, per raggiungere valori ottimali di concentrazione nel sangue pari a 50-60 ng/ml.
Un supplemento di vitamina D può essere particolarmente utile durante la gravidanza, poiché è stato osservato che l’esposizione del feto a quantità insufficienti di vitamina D può incidere negativamente sullo sviluppo scheletrico nei primi anni di vita.

DIETA CHETOGENICA: molto più di una dieta, un protocollo terapeutico

Spesso dibattuta, la dieta chetogenica è uno strumento dalle numerose potenzialità: impiegata nel dimagrimento, ma anche nel trattamento di disordini metabolici come il diabete di tipo II, le dislipidemie e le malattie cardiovascolari.

Questo particolare regime alimentare basa la sua efficacia sulla capacità del nostro organismo di utilizzare le riserve di grasso come primaria fonte di energia quando diminuisce la disponibilità di glucosio. La dieta chetogenica infatti si articola fondamentalmente su due principi: la riduzione drastica del consumo di carboidrati e la restrizione calorica, che solitamente si attesta intorno alle 800/900 kcal. Erroneamente viene spesso confusa con una dieta iperproteica e dall’elevato tenore di grassi animali. In realtà non è affatto così: si tratta piuttosto di una dieta ipocalorica in cui la quota proteica, che deve avere preferibilmente un alto valore biologico, viene mantenuta entro livelli fisiologici per preservare la massa muscolare.

È così possibile ottenere non soltanto una perdita di peso, ma raggiungere un dimagrimento effettivo a carico della massa grassa e non di quella magra, che invece non viene intaccata. Per sopperire alla mancanza di zucchero, grazie ad un processo di beta-ossidazione, il fegato produce delle molecole chiamate chetoni. Tali sostanze hanno un effetto euforizzante in grado di contrastare la sensazione di stanchezza e inibire la fame, che generalmente scompare dopo il 2°-3°giorno permettendo, nella maggior parte dei casi, di portare a termine la dieta con successo.

Naturalmente, come tutte le diete, anche la dieta chetogenica deve essere effettuata su indicazione del medico che personalizza il protocollo in base alle esigenze del paziente e deve essere seguita solo per brevi periodi. In linea di massima, la quota proteica corrisponde a 1-1,5 gr per kg di peso corporeo e oscilla tra i 50 e i 120 gr giornalieri. Mentre l’apporto di grassi è compreso tra i 20 e i 60 gr. Sono da preferire i cibi contenenti grassi insaturi come l’olio extravergine di oliva, la frutta secca e il pesce; mentre è opportuno limitare il consumo di carni grasse, formaggi stagionati e insaccati.

Occorre inoltre sfatare la leggenda metropolitana secondo la quale durante la dieta chetogenica i carboidrati vengono del tutto eliminati. Solitamente si tende a conservare una quota minima pari a 40-50 gr giornalieri in modo tale da evitare un eccessivo abbassamento del metabolismo basale e scongiurare l’effetto rebound, ossia il recupero di tutti i chili persi.

Grazie alla pluralità di vantaggi che offre, questo tipo di dieta risulta efficace in diverse situazioni. La rapidità dei risultati (si stima un calo medio di 1-1.5 kg a settimana), il mantenimento della massa muscolare e la riduzione del senso di fame rendono la dieta chetogenica particolarmente indicata nei casi di obesità e sovrappeso.

È un valido strumento terapeutico nelle persone affette da malattie metaboliche associate ad insulino-resistenza quali dislipidemie, diabete di tipo II e iperglicemia.

Inoltre, grazie al ridotto apporto di zuccheri, riduce il rischio di sviluppare stati infiammatori cronici, responsabili di patologie come il cancro, malattie muscoloscheletriche e neurodegenerative. Alcuni studi in corso rivelano una possibile applicazione della dieta chetogenica nel trattamento di patologie a carico del sistema nervoso come il Parkinson, grazie ad un abbassamento dei livelli di stress ossidativo, e l’Alzheimer, grazie alla capacità dei corpi chetonici di limitare i danni cellulari.

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