DIGIUNO INTERMITTENTE: mangiare meno per vivere di più

Tornata alla ribalta negli ultimi tempi, la pratica del digiuno intermittente in realtà ha radici molto antiche. Dagli uomini primitivi ai nostri antenati più recenti, l’uomo è sempre stato abituato a convivere con la scarsa disponibilità e reperibilità di cibo. Il boom economico però ha stravolto le abitudini alimentari della società moderna. Il cibo, soprattutto quello industrializzato e raffinato, è diventato accessibile in ogni momento e in ogni luogo perdendo così la sua primaria funzione di nutrimento e divenendo piuttosto un surrogato.

In realtà mangiare meno e/o meno spesso innesca una serie di meccanismi metabolici in grado di aumentare la forza e la capacità di resistere alla fatica e allo stress fisico. Gli studi condotti sui benefici del digiuno hanno portato all’elaborazione di uno schema alimentare chiamato Digiuno Intermittente o Intermittent Fasting. Questo protocollo prevede l’alternanza di periodi di digiuno e periodi di normale alimentazione, declinati secondo diverse modalità.

Uno dei metodi più praticati è il 5 su 2 (“Fast diet”), che prescrive 2 giorni la settimana di restrizione calorica e un regime alimentare normale negli altri 5 giorni.

Un altro approccio è il cosiddetto 8-16: in questo caso i pasti vengono consumati in una precisa finestra temporale di 8 ore, mentre nelle restanti 16 ore si osserva il digiuno. Ad esempio, se il primo pasto è alle 8 del mattino, l’ultimo sarà alle 16.

Un’ulteriore tecnica è la dieta Mima Digiuno elaborata da Valter Longo che impone solo 5 giorni consecutivi di restrizione calorica ogni 3-6 mesi. Questo programma, spesso accettato e seguito più facilmente dai pazienti, stimola nell’organismo una reazione molto simile a quella del digiuno vero e proprio.

Le ricerche hanno dimostrato che il digiuno intermittente, grazie agli effetti della restrizione calorica prolungata, favorisce la perdita della massa grassa, senza intaccare quella magra e migliora lo stato di salute generale. Per questo trova diversi campi di applicazione: dal trattamento dell’obesità al miglioramento del profilo metabolico, ma anche come regolare abitudine all’interno di uno stile di vita sano.

Si è visto che il mangiare poco è il minimo comune denominatore delle aree del mondo in cui si concentrano i più alti tassi di longevità. Se praticato correttamente, il digiuno intermittente infatti costituisce un vero e proprio allenamento per l’organismo che è quindi costretto a produrre una risposta riparatrice e rinvigorente. Davanti ad un ridotto apporto calorico il corpo regola i propri livelli ormonali: produce una maggior quantità di GH, ormone della crescita, favorendo la sintesi proteica che aumenta la disponibilità di grassi da usare come fonte energetica. In questo modo la perdita di peso è a carico della massa grassa, preservando quella magra.

L’alternanza tra fasi di digiuno e alimentazione normale migliora anche i livelli di insulino-resistenza, responsabili dell’accumulo dei grassi: il corpo quindi riesce a mantenere un metabolismo più funzionale ed efficiente. Per questa ragione il digiuno intermittente è indicato nella prevenzione del diabete di tipo 2.

Inoltre, secondo alcune ricerche il digiuno stimola l’autofagia, ossia la rimozione delle cellule danneggiate, favorisce i processi rigenerativi e il rinnovo cellulare.

Queste dinamiche permettono all’organismo di sviluppare una maggiore resistenza allo stress sia di tipo fisico, chimico e biologico, ritrovando forza e contrastando gli effetti dell’invecchiamento.

 

La longevità si conquista anche a tavola!

La longevità si conquista anche a tavola! Ormai è dimostrato da diversi studi che lo stile alimentare, oltre che l’essere in possesso di un corredo genetico favorevole e praticare una moderata attività fisica quotidiana, allunga la vita in salute.

Esistono delle aree nel mondo, definite blue zones, tra cui l’Ogliastra in Sardegna, l’isola di Ikaria in Grecia, Okinawa in Giappone, la penisola di Nicoya in Costa Rica e Loma Linda in California, dove gli abitanti vivono più a lungo della media e il numero di centenari è sorprendentemente alto.

Le caratteristiche alimentari comuni di queste popolazioni sono il mangiare poche proteine animali (carne per intenderci), qualche porzione di pesce a settimana nelle aree che affacciano sul mare (soprattutto quello ricco di omega-3 come sardine, acciughe e merluzzo), frutta e soprattutto  verdura, cereali integrali, legumi in abbondanza e frutta secca a guscio, ricca quest’ultima di acidi grassi poli-insaturi ad azione anti-infiammatoria e in grado di abbassare il colesterolo. Gli zuccheri raffinati e i cibi preconfezionati sono in pratica assenti. Semplici regole, quindi, che applicate con costanza non impediscono ogni tanto di lasciarsi andare ai piaceri della tavola.

Affronteremo questi e altri approfondimenti nella serata informativa: “Nutrizione e Longevità” in programma questo venerdì 25 gennaio presso l’Hotel Liberty a Riva del Garda (TN).