Acido o Alcalino? Come preservare il naturale equilibrio

Alimentazione, stile di vita, stress, infezioni e inquinamento sono tra i principali fattori che influenzano in modo diretto l’equilibrio acido-alcalino, ovvero il risultato di una serie di reazioni chimico-fisiche che avvengono all’interno dell’organismo.

L’equilibrio acido-alcalino ideale è compreso in un intervallo relativamente ristretto: un livello di pH nel sangue superiore a 7 (tra 7,32 e 7,42); un livello di pH delle urine tra 6.5 e 7.2. Se i fattori che influenzano il metabolismo rimangono nei limiti fisiologici, la capacità di compensazione del sistema è in equilibrio e l’organismo rimane in salute. Se invece la capacità di compensazione è alterata (eccessivamente alcalina o eccessivamente acida), il sistema si scompensa e manifesta questo squilibrio con alcuni sintomi oppure vere e proprie malattie: acidità di stomaco, disturbi nella digestione, infiammazioni, febbre, dolori articolari, allergie.

Bisogna ricordare che i ritmi e le abitudini della vita moderna (ambiente, dieta, stress, consumo di farmaci, ecc.) portano più facilmente il nostro sistema metabolico verso l’acidosi. Di conseguenza l’organismo, che solitamente necessita di un pH leggermente alcalino per svolgere le sue funzioni vitali, si trova continuamente a dover contrastare questa condizione di acidosi espellendo gli acidi attraverso i polmoni, i reni e la pelle, ricorrendo anche ai sali minerali alcalinizzanti presenti nel cibo e nell’acqua (calcio, potassio, sodio, magnesio).

Ecco dunque che il mantenimento di un buon equilibrio acido-alcalino è fondamentale, soprattutto per chi fa medicina potenziativa e per coloro che seguono un percorso di nutrizione consapevole. Come sappiamo, in natura il mantenimento dell’equilibrio è dato dalla continua interazione tra condizioni opposte. Pertanto seguire una dieta sana non significa certo nutrirsi solo ed esclusivamente di alimenti alcalinizzanti, ma piuttosto cercare di raggiungere un buon equilibrio fra i due elementi opposti, l’acido e l’alcalino.

Tuttavia, come già sottolineato, i ritmi di vita frenetici, un’alimentazione disordinata, l’inquinamento ambientale, uno stile di vita sedentario e il consumo di alcol e farmaci spingono spesso il nostro organismo verso l’acidosi. Quindi per mantenere o ristabilire il corretto equilibrio acido-base vanno adottate misure alimentari corrette, come l’apporto di una maggiore quantità di cibi alcalini e un salutare stile di vita, nel quale dare spazio a movimento regolare, riposo e sonno adeguati.

Gli alimenti vengono classificati come acidificanti o alcalinizzanti in base all’impatto che hanno sul corpo e non in base al sapore più o meno acido. Sono considerati alcalinizzanti quegli alimenti che, una volta metabolizzati, rilasciano un residuo alcalino come frutta (compresa l’uva e gli agrumi), verdura, alghe e il sale, grazie al suo contenuto di sodio.

Sono invece definiti acidificanti quegli alimenti che, una volta metabolizzati, lasciano residui acidi, come l’acido solforico, fosforico o cloridrico. Tra gli alimenti acidificanti figurano la farina e i cereali, soprattutto quelli raffinati e quindi poveri di minerali, lo zucchero, i grassi e le proteine di origine animale. Si raccomanda infatti di accompagnare il consumo di questi alimenti ad abbondanti quantità di verdura fresca o di frutta (alcalinizzanti).

In definitiva, una dieta equilibrata dal punto di vista acido-alcalino si deve integrare con uno stile di vita sano. Un’adeguata idratazione per favorire l’eliminazione delle scorie ad opera dei reni; una costante attività fisica, preferibilmente di tipo aerobico a bassa intensità per facilitare l’eliminazione delle sostanze acide attraverso i polmoni; dormire circa 8 ore a notte per bilanciare lo stress cui la quotidianità ci sottopone e supportare l’attività del fegato, filtro anti-tossine del nostro corpo, con decotti specifici, per esempio, a base di Tarassaco, sono piccoli accorgimenti che possono aiutarci a mantenere un buon equilibrio acido-alcalino.

 

FOOD FOR BRAIN: cosa mangiare per mantenere il cervello in salute

Vi siete mai domandati cos’è quell’improvvisa fame che ci coglie di sorpresa quando siamo concentrati sul lavoro o quando studiamo? Non è lo stomaco che brontola, ma il nostro cervello che ha bisogno di carburante, quello giusto per svolgere al meglio la sua attività. Il cervello è infatti un organo ad alta intensità energetica: consuma, cioè, circa il 20% delle calorie totali che assumiamo e necessita di alcuni nutrienti particolari per rimanere in salute più a lungo.

Esaminiamo insieme quali sono gli alimenti in grado di “allenare” il nostro cervello:

1. Pesce Azzurro

Gli Omega 3, presenti in abbondanti quantità nel pesce azzurro (salmone, tonno, sgombro, sardine e aringhe), intervengono nella formazione e nei meccanismi di riparazione delle membrane che si trovano attorno a tutte le cellule del nostro organismo, comprese quelle cerebrali. Svolgono una potente azione antiossidante, riducendo lo stress e l’infiammazione cellulare, responsabili dell’invecchiamento cerebrale e di diversi disturbi neurodegenerativi, come il morbo di Alzheimer.

2. Cioccolato fondente

 Oltre a far bene all’umore, piccole quantità di cioccolato fondente giovano anche alla salute del nostro cervello poiché i flavonoidi, contenuti nel cacao, favoriscono lo sviluppo di neuroni e vasi sanguigni in parti del cervello coinvolte nella memoria e nell’apprendimento.

 3. Bacche

 Così come il cioccolato fondente, anche le bacche garantiscono un eccezionale apporto di flavonoidi. In particolare antocianine, acido caffeico, catechina e quercetina che favoriscono le connessioni tra le cellule cerebrali e ne aumentano la plasticità, con effetti positivi sulla capacità mnemonica e di apprendimento. La loro azione antiossidante abbassa l’incidenza delle malattie neurodegenerative e del conseguente declino cognitivo. Via libera quindi a bacche di Goji, bacche di Acai, more, mirtilli, lamponi e fragole.

4. Frutta secca oleosa, semi e cereali integrali

La frutta secca oleosa, insieme ai cereali integrali, ha un elevato tenore di vitamina E, che, oltre a proteggere le cellule dai danni causati dallo stress ossidativo, supporta le capacità cognitive del nostro cervello e il suo corretto funzionamento soprattutto con l’avanzare dell’età. Non devono mai mancare noci, nocciole, mandorle e semi (di lino, di chia ecc..), ideali come spuntino o nelle insalate.

5. Caffè

Diversi studi hanno dimostrato che l’assunzione di caffeina, in dosi moderate e salvo particolari controindicazioni, migliora la capacità di elaborare le informazioni ed è correlata ad un minor rischio di demenza senile, morbo di Parkinson e Alzheimer.

 6. Avocado, anacardi e arachidi

Avocado, arachidi, anacardi, olio di soia, girasole e colza sono tra gli alimenti che vantano un maggior tenore di grassi insaturi, detti anche “grassi buoni” perché riducono il rischio di ipertensione, limitando l’insorgere delle malattie cardiovascolari e di quelle neurodegenerative. Nelle arachidi inoltre sono presenti buoni livelli di resveratrolo (così come nei gelsi e nel rabarbaro) che ha un’azione anti-infiammatoria.

 7. Uova

 Anche le vitamine del gruppo B (soprattutto B-6 e B-12), contenute soprattutto nelle uova, sono grandi alleate della salute del cervello poiché contribuiscono al metabolismo delle cellule cerebrali. La carenza di queste sostanze, riscontrata perlopiù negli anziani, è collegata ad una riduzione del volume cerebrale e al rischio di sviluppare nel tempo malattie come la depressione e il declino cognitivo.

 8. Broccoli, cavoli e rape

Le crucifere, come broccoli, cavolfiore, rape, cavolini di Bruxelles sono superfood per il nostro cervello: apportano glucosinolati e vitamina C che preservano le cellule cerebrali dall’azione ossidante dei radicali liberi.

La salute del nostro cervello passa attraverso un corretto stile di vita, fatto di sane abitudini, alimentazione equilibrata, attività fisica e pensieri positivi.

 

Riso integrale con funghi shiitake e verdure croccanti

Gustose e leggere ricette ideate dalla food blogger Silvia Musajo con la collaborazione del dott. De Nobili, massimo esponente italiano di medicina potenziativa, esperto in medicina antiaging, dietetica e nutrizione.

Gli shiitake sono funghi originari dell’Estremo Oriente e sono un ingrediente molto utilizzato nella cucina macrobiotica.

Sono considerati funghi medicali perché hanno diverse proprietà benefiche. Hanno un effetto stimolante delle difese immunitarie e per questo è particolarmente consigliata la loro assunzione prima dell’arrivo della stagione fredda, in quanto utili a prevenire le sindromi influenzali e il raffreddore.

Gli shiitake hanno anche proprietà epatoprotettive e contengono eritadenina, un aminoacido in grado di migliorare il metabolismo dei grassi e abbassare i livelli di colesterolo nel sangue.

Da citare anche il loro alto contenuto di vitamine del gruppo B e di sali minerali come calcio, potassio, zinco, ferro e fosforo.

I funghi shiitake sono particolarmente saporiti e per questa caratteristica possono essere utilizzati nella preparazione di molti piatti rendendoli più gustosi e aiutandoci a limitare l’uso di grassi e di sale.

Ingredienti per 2 persone

140 gr di riso basmati integrale
25 gr di funghi shiitake essiccati
50 gr di fagiolini
30 gr di germogli di soia freschi
Una zucchina
Una carota
Un cipollotto
Un cucchiaio di olio evo
Peperoncino rosso fresco q.b.
Brodo vegetale q.b.
Sale q.b.

Procedimento

Mettete a mollo i funghi shiitake in acqua fredda almeno due ore prima di utilizzarli.

Finito il tempo di ammollo togliete i funghi dall’acqua e strizzateli delicatamente, quindi trasferiteli in una padella antiaderente con olio evo.

Saltate gli shiitake a fiamma vivace per circa un minuto, poi aggiungete 2-3 cucchiai di brodo vegetale e coprite con un coperchio, abbassate la fiamma e lasciateli cuocere per 10 minuti.

Intanto lavate le verdure, sbianchite i fagiolini immergendoli in acqua bollente salata per 3 minuti quindi trasferiteli in una ciotola con acqua fredda.

Tagliate a rondelle sottili la zucchina e la carota.

Tagliate a fettine il cipollotto e tenete da parte una foglia verde, la più piccola e tenera.

Cuocete il riso integrale in acqua bollente salata e scolatelo al dente.

Quando i funghi shiitake avranno terminato la cottura, alzate la fiamma e nella stessa padella aggiungete il cipollotto, la zucchina, la carota, i fagiolini tagliati a pezzi, il peperoncino rosso tagliato a striscioline, saltate tutto per due minuti e regolate di sale.

Abbiate cura di non cuocere eccessivamente le verdure che dovranno restare croccanti.

Aggiungete infine i germogli di soia e il riso integrale, saltate insieme ancora per un minuto e, se necessario, aggiungete un altro cucchiaio di brodo vegetale.

Prima di servire il riso basmati integrale con funghi shiitake e verdure croccanti decorate i piatti con la foglia di cipollotto tenuta da parte.

DIGIUNO INTERMITTENTE: mangiare meno per vivere di più

Tornata alla ribalta negli ultimi tempi, la pratica del digiuno intermittente in realtà ha radici molto antiche. Dagli uomini primitivi ai nostri antenati più recenti, l’uomo è sempre stato abituato a convivere con la scarsa disponibilità e reperibilità di cibo. Il boom economico però ha stravolto le abitudini alimentari della società moderna. Il cibo, soprattutto quello industrializzato e raffinato, è diventato accessibile in ogni momento e in ogni luogo perdendo così la sua primaria funzione di nutrimento e divenendo piuttosto un surrogato.

In realtà mangiare meno e/o meno spesso innesca una serie di meccanismi metabolici in grado di aumentare la forza e la capacità di resistere alla fatica e allo stress fisico. Gli studi condotti sui benefici del digiuno hanno portato all’elaborazione di uno schema alimentare chiamato Digiuno Intermittente o Intermittent Fasting. Questo protocollo prevede l’alternanza di periodi di digiuno e periodi di normale alimentazione, declinati secondo diverse modalità.

Uno dei metodi più praticati è il 5 su 2 (“Fast diet”), che prescrive 2 giorni la settimana di restrizione calorica e un regime alimentare normale negli altri 5 giorni.

Un altro approccio è il cosiddetto 8-16: in questo caso i pasti vengono consumati in una precisa finestra temporale di 8 ore, mentre nelle restanti 16 ore si osserva il digiuno. Ad esempio, se il primo pasto è alle 8 del mattino, l’ultimo sarà alle 16.

Un’ulteriore tecnica è la dieta Mima Digiuno elaborata da Valter Longo che impone solo 5 giorni consecutivi di restrizione calorica ogni 3-6 mesi. Questo programma, spesso accettato e seguito più facilmente dai pazienti, stimola nell’organismo una reazione molto simile a quella del digiuno vero e proprio.

Le ricerche hanno dimostrato che il digiuno intermittente, grazie agli effetti della restrizione calorica prolungata, favorisce la perdita della massa grassa, senza intaccare quella magra e migliora lo stato di salute generale. Per questo trova diversi campi di applicazione: dal trattamento dell’obesità al miglioramento del profilo metabolico, ma anche come regolare abitudine all’interno di uno stile di vita sano.

Si è visto che il mangiare poco è il minimo comune denominatore delle aree del mondo in cui si concentrano i più alti tassi di longevità. Se praticato correttamente, il digiuno intermittente infatti costituisce un vero e proprio allenamento per l’organismo che è quindi costretto a produrre una risposta riparatrice e rinvigorente. Davanti ad un ridotto apporto calorico il corpo regola i propri livelli ormonali: produce una maggior quantità di GH, ormone della crescita, favorendo la sintesi proteica che aumenta la disponibilità di grassi da usare come fonte energetica. In questo modo la perdita di peso è a carico della massa grassa, preservando quella magra.

L’alternanza tra fasi di digiuno e alimentazione normale migliora anche i livelli di insulino-resistenza, responsabili dell’accumulo dei grassi: il corpo quindi riesce a mantenere un metabolismo più funzionale ed efficiente. Per questa ragione il digiuno intermittente è indicato nella prevenzione del diabete di tipo 2.

Inoltre, secondo alcune ricerche il digiuno stimola l’autofagia, ossia la rimozione delle cellule danneggiate, favorisce i processi rigenerativi e il rinnovo cellulare.

Queste dinamiche permettono all’organismo di sviluppare una maggiore resistenza allo stress sia di tipo fisico, chimico e biologico, ritrovando forza e contrastando gli effetti dell’invecchiamento.

 

Polpette di sgombro al forno con salsa allo yogurt e aneto

Gustose e leggere ricette ideate dalla food blogger Silvia Musajo con la collaborazione del dott. De Nobili, massimo esponente italiano di medicina potenziativa, esperto in medicina antiaging, dietetica e nutrizione.

Il pesce azzurro è un alimento prezioso per chi vuole seguire un’alimentazione sana e oltre ad essere gustoso è generalmente più economico rispetto ad altre tipologie di pesci.

Fanno parte di questa grande famiglia pesci dalle diverse dimensioni, tra i più conosciuti ci sono alici, sarde, sgombro, aringa, tonno e pesce spada, che hanno in comune una livrea di colore blu-argento.

Il pesce azzurro ha un elevato contenuto di acidi grassi essenziali Omega 3 la cui assunzione, attraverso una corretta e sana alimentazione, è utile a ridurre la concentrazione di trigliceridi nel sangue e prevenire malattie cardiovascolari.

Oggi vi proponiamo delle piccole polpette di sgombro cotte al forno accompagnate da una freschissima salsa di yogurt e aneto che rende questo piatto adatto ad essere condiviso con gli amici in occasione di un sano e sfizioso aperitivo.

Ingredienti per 15 piccole polpette
(per 5 persone)

300 gr di filetti di sgombro fresco senza pelle
120 gr di patata lessa
30 gr di crusca d’avena o pangrattato integrale
Un cucchiaio e mezzo di capperi
La buccia grattugiata di mezzo limone bio
Mezzo spicchio d’aglio
Prezzemolo q.b.
Sale e pepe q.b.

Ingredienti per la salsa allo yogurt e aneto

170 gr di yogurt greco naturale 0 grassi
Un cucchiaio di aneto fresco tritato c.a.
Mezzo cucchiaino di senape di Digione
Uno spicchio d’aglio
Un pizzico di sale

Preparazione della salsa

Mettete lo yogurt in una piccola ciotola, aggiungete l’aneto tritato, la senape, lo spicchio d’aglio sbucciato e tagliato in due per il lungo, un pizzico di sale e mescolate bene.

Se vi è possibile preparate la salsa allo yogurt e aneto in anticipo e lasciatela riposare per qualche ora in frigorifero così risulterà più aromatica.

Prima di servirla mescolate nuovamente ed eliminate i pezzi d’aglio.

Preparazione delle polpette

Per preparare le polpette di sgombro al forno, prima di tutto lessate una patata intera e con la buccia in modo che assorba meno acqua possibile (meglio utilizzarne una di tipo farinoso come quelle per preparare gli gnocchi).

Tagliate a pezzi i filetti di sgombro, tritateli in un mixer e trasferiteli in una ciotola.

Tritate l’aglio sottilmente e il prezzemolo e i capperi in modo più grossolano, aggiungeteli al pesce insieme a 120 gr di patata lessa schiacciata, la buccia grattugiata di limone, sale e pepe q.b.

Mescolate gli ingredienti fino ad ottenere un composto omogeneo.

Formate le polpette e impanatele schiacciandole leggermente (se utilizzate la crusca d’avena per renderla più sottile potete prima tritarla con un mini mixer).

Adagiatele le polpette su una leccarda coperta con carta da forno e cuocetele in forno già caldo a 200° C in modalità ventilata.

Giratele dopo 10 minuti e proseguite la cottura per altri 10 minuti.

Le polpette di sgombro al forno sono buone sia calde che a temperatura ambiente, per un aperitivo sano e gustoso servitele con la salsa allo yogurt e aneto e un pinzimonio di verdure.

DIETA MEDITERRANEA: più sani, più a lungo

Esportata in tutto il mondo, la dieta mediterranea è un modello nutrizionale basato sulle abitudini alimentari dei Paesi che si affacciano su questo specchio d’acqua e di cui l’Italia è da sempre considerata emblema.

La caratteristica principale di questo tipo di alimentazione è la ripartizione dei macronutrienti: 60% carboidrati, 25-30% grassi e 10-15% proteine.

La dieta mediterranea prevede infatti un largo consumo di cereali e legumi, dunque carboidrati a basso indice glicemico, accompagnati da proteine sia di origine vegetale che animale, come pesce, uova e carne bianca. La principale fonte di grassi è l’olio extravergine d’oliva che previene le malattie cardiovascolari e l’arteriosclerosi , e grazie all’elevato tenore di polifenoli, svolge una potente azione antiossidante e antinfiammatoria.

Vista la generosità della terra e il clima favorevole, frutta e verdura di stagione non mancano mai in tavola. Soddisfano il fabbisogno di vitamine e minerali e limitano l’apporto calorico della dieta grazie all’elevato contenuto di acqua e al potere saziante delle fibre, in grado di riequilibrare il carico glicemico degli alimenti. Proprio per questa ragione, si consiglia di accompagnare la pasta, meglio se integrale, con della verdura.

Si raccomanda inoltre il consumo di frutta sin dal primo mattino, poiché grazie al contenuto di zuccheri fornisce energie per affrontare la giornata, e negli spuntini fuori pasto. Anche la frutta secca è un ottimo alleato della dieta Mediterranea: noci e mandorle apportano aminoacidi preziosi per il nostro organismo. Consumate regolarmente in porzioni di 15-20 gr al giorno, aiutano a ridurre i livelli di colesterolo “cattivo” (LDL) e forniscono una buona dose di magnesio, utile per stimolare la concentrazione.

Da assumere con moderazione, il vino rosso, prodotto tipico dei Paesi Mediterranei, grazie alla presenza di polifenoli, flavonoidi e resveratrolo svolge un’azione antiossidante e neuroprotettiva che lo rende preferibile rispetto ad altre bevande alcoliche.

I primi studi sui benefici della dieta mediterranea risalgono agli anni ‘50. Da allora la ricerca ha fatto passi da gigante e ha portato alla luce i numerosi vantaggi di questo stile alimentare sulla prevenzione e cura di diverse patologie.

Gli studi dimostrano come una dieta ricca di frutta, verdura, noci, cereali, olio extravergine e modeste quantità di vino rosso, che svolgono una funzione protettiva per il nostro cervello, possa ridurre il rischio di sviluppare malattie neurodegenerative come l’Alzheimer.

Grazie all’elevato contenuto di grassi insaturi, fibre, vitamine e oligominerali che contrastano la formazione dei radicali liberi, la dieta Mediterranea ha un effetto antinfiammatorio e antiossidante che abbassa il rischio di sviluppare patologie oncologiche.

Si è visto che seguire un’alimentazione ispirata ai principi della dieta mediterranea, combatte l’insorgere di malattie metaboliche, come obesità, diabete e ipertensione, che, a loro volta, aumentano il rischio cardiovascolare.

L’abbondanza di vitamine e oligominerali presenti negli alimenti e il bilanciamento tra macro e micronutrienti ha un’azione protettiva verso numerose patologie croniche poiché rafforza il sistema immunitario e combatte l’invecchiamento cellulare (anti-aging).

“Fa che il cibo sia la tua medicina” sosteneva Ippocrate, già nel 300 a.C., e nessuna citazione riassumerebbe meglio i prinicipi della dieta mediterranea, oggi.

 

Involtini di branzino al limone con coulis di pomodoro

Gustose e leggere ricette ideate dalla food blogger Silvia Musajo con la collaborazione del dott. De Nobili, massimo esponente italiano di medicina potenziativa, esperto in medicina antiaging, dietetica e nutrizione.

D’estate sentiamo naturalmente l’esigenza di mangiare cibi più leggeri e il pesce è un alimento perfetto per questa stagione calda.

Il branzino, o spigola, è un pesce magro ed è ricco di proteine altamente digeribili; è una buona fonte di potassio, fosforo, calcio, iodio e ferro, quest’ultimo lo rende particolarmente interessante e adatto all’alimentazione di chi ha problemi di anemia.

La percentuale di grassi può variare sensibilmente a seconda se si tratta di un pesce pescato o d’allevamento, per cui è sempre consigliabile scegliere il primo.

Il branzino d’allevamento non è comunque da demonizzare, ma è bene accertarsi di quale sia la provenienza: in Italia esistono allevamenti di qualità dove utilizzano solo mangimi di origine naturale e non vengono somministrati antibiotici o altri medicinali.

Ingredienti per 4 persone

600 gr di filetti di branzino
3 pomodori ramati maturi
30 ml di vino bianco c.a.
Due cucchiai di olio evo
La buccia grattugiata di un limone bio
Aneto q.b.
Basilico q.b.
Sale q.b.
Pepe q.b.
Facoltativo: erba cipollina q.b.

Procedimento

Lavate i pomodori, divideteli in due ed eliminate la parte interna con i semi, tagliateli a pezzi e trasferiteli nel bicchiere di un frullatore insieme a una fettina d’aglio, un filo d’olio evo e sale q.b.

Frullate sottilmente i pomodori e passate il composto ottenuto attraverso un setaccio o un colino così da eliminare eventuali semi residui e la buccia.

Conservate il coulis di pomodoro in frigorifero fino al momento di servire.

Disponete i filetti di branzino su un tagliere, cospargeteli con un po’ di buccia di limone grattugiata, foglioline di aneto, sale e pepe q.b.

Arrotolate i filetti di branzino formando gli involtini e fermateli con degli stuzzicadenti.

Scaldate una pentola antiaderente, aggiungete l’olio e gli involtini di branzino al limone e dopo un minuto sfumate con il vino bianco, lasciate evaporare per qualche secondo quindi abbassate la fiamma e proseguite la cottura dolcemente coprendo con un coperchio.

Dopo 5 minuti girate gli involtini usando molta delicatezza e proseguite la cottura per altri 3 minuti, spegnete la fiamma e lasciateli nella pentola ancora per un paio di minuti.

Prima della consumazione eliminate gli stecchini e, se volete, legate ogni rotolino di pesce con uno stelo di erba cipollina.

Servite gli involtini di branzino al limone con il coulis di pomodoro distribuito sul fondo dei piatti, decorate con qualche fogliolina di basilico fresco.

Spiedini di pollo marinato nel lime con semi di sesamo

Una ricetta gustosa e leggera ideata dalla food blogger Silvia Musajo con la collaborazione del dott. De Nobili, massimo esponente italiano di medicina potenziativa, esperto in medicina antiaging, dietetica e nutrizione.         

In Italia l’assunzione di sale è decisamente superiore a quella raccomandata di 5 grammi al giorno. È stimato, infatti, che il consumo medio giornaliero è di 10,6 g negli uomini e di 8,2 g nelle donne.

Una dieta troppo ricca di sale può portare ipertensione, malattie cardiovascolari e facilitare l’insorgenza di obesità e osteoporosi.

Per limitarne l’assunzione possiamo insaporire le nostre pietanze con spezie ed erbe aromatiche.
Ecco una ricetta per realizzare un piatto saporito e adatto anche a chi segue una dieta iposodica.

Ingredienti per 4 persone

600 gr di petto di pollo
Un cucchiaio di olio evo
Un lime
Un pezzo di 3 cm di zenzero fresco
Uno spicchio d’aglio
Pepe bianco q.b.
Mezza zucchina
Mezzo peperone rosso
5 gr di semi di sesamo tostati
Foglie di cerfoglio q.b.

Procedimento

Tagliate il petto di pollo a pezzi spessi circa 3 cm e trasferitelo in una ciotola.

Sbucciate lo spicchio d’aglio, tagliatelo per il lungo ed eliminate il germoglio centrale; sbucciate lo zenzero e tritatelo con un coltello affilato insieme all’aglio.

Schiacciate il trito ottenuto utilizzando uno spremiaglio in modo da estrarre solo il succo e la parte di polpa più tenera, unitelo al pollo.

Aggiungete alla carne il succo del lime, pepe bianco a piacere e mescolate bene.

Aggiungete infine l’olio evo e mescolate nuovamente, coprite la ciotola con pellicola e lasciate riposare in frigorifero per almeno un’ora.

Tostate i semi di sesamo: metteteli in un pentolino su fiamma vivace, quando inizieranno a scoppiettare muoveteli per qualche secondo facendo ruotare la pentola, appena li vedrete diventare un po’ più scuri e sentirete un profumo gradevole, trasferiteli immediatamente in una ciotola e fateli raffreddare.

Trascorso il tempo di riposo del pollo marinato nel lime, infilzate i pezzi di carne negli spiedini alternandoli a fette di zucchina e peperone rosso.

Potete cuocere gli spiedini su una piastra o una griglia antiaderente ben calda, 2-3 minuti per lato.

Cospargete gli spiedini di pollo marinato nel lime con i semi di sesamo e le foglie di cerfoglio, servite subito.

Insalata di asparagi e quinoa con gamberi

Una ricetta gustosa e leggera ideata dalla food blogger Silvia Musajo con la collaborazione del dott. De Nobili, massimo esponente italiano di medicina potenziativa, esperto in medicina antiaging, dietetica e nutrizione.                                                                                                                                                                                                                                      

Gli asparagi sono ricchi di antiossidanti e fibre che, oltre ad aiutare il transito intestinale, riducono i livelli di assorbimento di colesterolo e glucosio dopo i pasti.

Hanno un indice glicemico molto basso e per questo sono indicati anche nell’alimentazione dei soggetti diabetici.

Ecco la ricetta di un piatto completo, leggero e gustoso dove gli asparagi sono i protagonisti.

Ingredienti per 4 persone

  • 400 gr di asparagi
  • 300 gr di code di gambero
  • 250 gr di quinoa mista
  • 3 cucchiai di olio evo
  • Il succo di mezzo limone
  • Erba cipollina fresca q.b.
  • Sale e pepe q.b.

Procedimento

Per preparare questa gustosa insalata di asparagi, la prima cosa da fare è sciacquare molto bene la quinoa in modo da eliminare le saponine che la ricoprono e che le danno un sapore lievemente amaro.

Mettete la quinoa in un grande colino a maglie sottili, inserite il colino in una ciotola e riempitela di acqua fredda corrente.

Smuovete la quinoa girandola con le dita, quindi sollevate il colino e buttate via l’acqua che sarà diventata un po’ torbida.

Ripetete questa operazione almeno 3-4 volte.

In una pentola portate a bollore 350 ml d’acqua leggermente salata e versatevi la quinoa precedentemente sciacquata e ben scolata.

Fate cuocere a fiamma moderata fino a quando l’acqua non sarà completamente assorbita (10-15 minuti), mescolate delicatamente di tanto in tanto.

A cottura ultimata spegnete la fiamma e coprite la pentola con un coperchio, lasciate riposare per 5 minuti.

Trascorso questo tempo, trasferite la quinoa in una ciotola, aggiungete un cucchiaio d’olio evo e mescolatela delicatamente con una forchetta per sgranarla; coprite la ciotola e lasciate raffreddare.

Sciacquate e sgusciate le code di gambero, praticate con un coltello affilato una leggera incisione lungo i dorsi ed eliminate gli intestini.

Cuocete i gamberi in acqua bollente salata per un minuto quindi trasferiteli in una ciotola, copritela e lasciate raffreddare.

Eliminate la parte più spessa e dura dei gambi degli asparagi, lavateli e cuoceteli in acqua bollente leggermente salata per 2-3 minuti (secondo la loro dimensione) avendo cura che restino croccanti.

Una volta pronti, trasferiteli subito in una ciotola con acqua fredda (meglio se con ghiaccio) in modo da bloccare la cottura.

Tagliate gli asparagi a piccole rondelle lasciando le punte intere, uniteli ai gamberi e alla quinoa e condite con 2 cucchiai di olio evo, il succo di mezzo limone, erba cipollina tritata a piacere, sale e pepe.

L’insalata di asparagi, quinoa e gamberi può essere servita sia a temperatura ambiente che fredda.

OMOCISTEINA: acido folico e vitamina B per combattere l’iperomocisteinemia

Di recente si è tornati a parlare di omocisteina, oggetto di diversi studi per appurare la correlazione esistente tra i livelli alti di questo amminoacido e il rischio di sviluppare diverse patologie. Facciamo un passo indietro per capire esattamente di cosa si tratta.

L’omocisteina deriva dalla metabolizzazione della metionina, un aminoacido essenziale che il nostro organismo non è in grado di sintetizzare in maniera autonoma e pertanto deve essere introdotto con l’alimentazione. Fondamentale per la fisiologica eliminazione dei metalli pesanti, per il benessere delle cartilagini, così come delle unghie e dei capelli, la metionina è presente in diversi alimenti proteici come carne, uova, pesce, legumi e alcuni cereali. Ogni volta che mangiamo proteine, il corpo trasforma la metionina in esse contenuta in omocisteina grazie alle vie metaboliche. Quando le vie metaboliche si saturano, l’omocisteina entra in circolo causando un innalzamento dei livelli contenuti nel plasma. Questo fenomeno, chiamato iperomocisteinemia, è considerato un importante fattore di rischio per le malattie cardiovascolari (aterosclerosi e infarto del miocardio), ma non solo. Sempre più studi evidenziano la correlazione che c’è tra un eccesso di omocisteina e lo sviluppo di malattie neurodegenerative (demenza senile e Alzheimer) e muscoloscheletriche (osteoporosi e artrite reumatoide).

Pertanto è bene monitorare costantemente questo valore insieme a quello della vitamina B12 e dell’acido folico grazie ad un semplicissimo prelievo di sangue.

Tuttavia se gli esami evidenziano elevati livelli di omocisteina, saranno necessarie ulteriori indagini per individuarne la causa. L’iperomocisteinemia può essere dovuta ad anomalie congenite, a terapie farmacologiche, infezioni o malassorbimento intestinale, stress, ansia, malnutrizione o ancora cattive abitudini alimentari. Si è visto che la maggior parte dei pazienti affetti da iperomocisteinemia segue una dieta povera di vitamine del gruppo B (in particolare B6 e B12) e di folati, indispensabili per il metabolismo dell’omocisteina.

Un corretto apporto quotidiano di queste vitamine, grazie ad una dieta mirata e all’assunzione di integratori specifici, se necessario, insieme ad una regolare attività aerobica è la prima forma di cura e prevenzione per abbassare i livelli plasmatici di omocisteina.

Anche il Ministero della Salute, nel documento che contiene le linee guida per la prevenzione dell’aterosclerosi, risalente al 2004, inserisce l’iperomocisteinemia tra i fattori di rischio e consiglia l’assunzione di acido folico, vitamina B6 e B12.

 

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