SINDROME DELL’OVAIO POLICISTICO: i sintomi più diffusi e le cause principali

La sindrome dell’ovaio policistico (PCOS) è un disturbo ormonale molto comune tra le donne in età fertile. Questa patologia causa un importante ingrossamento delle ovaie e lo sviluppo di microcisti. Le ovaie quindi non riescono più a rilasciare con regolarità gli ovuli da fecondare, rendendo spesso il concepimento difficoltoso. Infatti la sindrome dell’ovaio policistico è tra le principali cause dell’infertilità femminile.

Irregolarità nel ciclo, ritardi oltre le quattro settimane dall’ultima mestruazione, flusso prolungato ed elevati livelli di androgeni, ormoni tipicamente maschili, sono tra i campanelli d’allarme più indicativi di questa patologia, che alle volte può però essere asintomatica.

Anche fenomeni come irsutismo, acne e aumento di peso sono dovuti allo squilibrio ormonale, che favorisce l’aumento dei livelli di testosterone e androstenedione.

Attualmente non è ancora nota la causa all’origine di questa patologia. Gli studi dimostrano che l’ereditarietà rappresenta uno dei principali fattori di rischio, sebbene siano ancora poco chiari i meccanismi di trasmissione.

Sono sempre più numerose le ricerche che evidenziano la stretta correlazione che c’è tra l’insulina e la sindrome dell’ovaio policistico. Quasi il 70% delle donne che soffre di PCOS presenta insulino-resistenza e più del 50% è in sovrappeso o obesa. In particolare, si è visto che l’insulino-resistenza stimola le ovaie a formare cisti e a produrre una maggiore quantità di androgeni. Non a caso la cura dell’insulino-resistenza è spesso determinante nella risoluzione della sindrome dell’ovaio policistico, con il conseguente aumento della fertilità e il ripristino della regolarità del ciclo.

Si tratta dunque di una patologia complessa, che interessa non soltanto l’apparato riproduttivo, ma anche il sistema endocrino e per questo richiede un approccio integrato su diversi fronti: l’insulino-resistenza infatti aumenta il rischio di malattie metaboliche come il diabete di tipo di 2 e malattie cardiovascolari.

Attraverso l’ecografia ovarica e gli esami del sangue è possibile effettuare una diagnosi precoce che, insieme al mantenimento del proprio peso-forma, riduce notevolmente il rischio di complicanze. Una volta effettuata la diagnosi, sarà il medico a valutare la necessità o meno di una terapia farmacologica specifica.

In ogni caso, la prima mossa per la cura della sindrome dell’ovaio policistico passa attraverso l’adozione di uno stile di vita sano. Gli studi dimostrano che perdere almeno il 10% del peso favorisce il ripristino della regolarità del ciclo mestruale. Una dieta equilibrata e un regolare esercizio fisico sono prevenzione e cura di questa patologia, e non solo.

 

 

STRESS OSSIDATIVO: prevenire è meglio che ossidarsi!

Come abbiamo visto finora, quando si altera quel delicato equilibrio tra produzione e  “smaltimento” di radicali liberi il nostro organismo va incontro allo stress ossidativo. Una diagnosi precoce può dunque fare la differenza. Grazie alla tecnologia FREE Carpe Diem è possibile analizzare i livelli di stress ossidativo in maniera globale. Si eseguono su un piccolo prelievo ematico 2 semplici test diagnostici in grado di misurare i radicali liberi (d-ROMs Test), ossia “l’attacco”, ma anche il potenziale antiossidante (BAP Test), ossia “la difesa”. Il d-ROMs test (Metaboliti reattivi all’ossigeno) infatti rileva lo stato di ossidazione del sangue misurato in “Unità Caratelli” (CARR). Giusto per dare qualche dato numerico: un soggetto in buone condizioni di salute presenta valori compresi tra 250 e 300 Unità CARR. Valori superiori a 300 CARR esprimono uno stato di stress ossidativo. In genere, valori superiori ai limiti sono dovuti ad una maggiore esposizione ai fattori di rischio per lo stress ossidativo, che abbiamo esaminato in precedenza. Tra le principali cause ricordiamo uno stile di vita poco sano. Ad esempio, l’abuso di alcol e il fumo concorrono ad aumentare sensibilmente i livelli di stress. Così come un’alimentazione squilibrata, povera di vitamine e ricca di grassi o un esercizio fisico inappropriato.

Il BAP Test (Biological Antioxidant Potential) invece misura il potenziale biologico antiossidante: quantifica cioè la capacità del nostro organismo di contrastare lo stress ossidativo. Un organismo sano è in grado di difendersi dallo stress ossidativo mediante sistemi interni. Tali meccanismi sono controllati da sostanze antiossidanti endogene, ossia prodotte dall’organismo stesso, ed esogene, ossia acquisite dall’esterno, ad esempio attraverso l’alimentazione. Questo test è in grado di rilevare la concentrazione ematica di alcune importanti sostanze antiossidanti quali bilirubina, acido urico, vitamine C ed E e proteine. Questa concentrazione è espressa in Micromoli (microM). In condizioni ottimali di salute il BAP Test riporta un valore superiore a 2200 micromoli/L, che viene considerato come il valore ottimale. Generalmente, valori inferiori a questo sono indicativi di una dieta squilibrata e/o di un eccesso di radicali liberi.

Incrociando i risultati di questi 2 Test è possibile inquadrare esattamente la situazione e, ove necessario, intervenire in modo sinergico per ripristinare i parametri di un equilibrio fisiologico dell’organismo. È evidente che la prima forma di prevenzione passa inesorabilmente attraverso uno stile di vita sano. Eliminare il fumo, limitare il consumo di alcol, seguire una dieta varia, ricca di frutta e verdura sicuramente contribuiscono a ridurre i livelli di stress ossidativo. Laddove l’organismo non sia in grado di far fronte da solo all’attacco dei radicali liberi o vi sia un aumentato fabbisogno di antiossidanti, può essere utile un programma di integrazione studiato sulla base delle specifiche esigenze di ciascuno. Come abbiamo evidenziato in precedenza, i rischi correlati allo stress ossidativo sono spesso irreversibili. Quando la prevenzione è così facile, conviene approfittarne prima che sia troppo tardi. Prevenire è meglio che ossidarsi!