Crema di zucca con formaggio magro ed erba cipollina

Gustose e leggere ricette ideate dalla food blogger Silvia Musajo con la collaborazione del dott. De Nobili, massimo esponente italiano di medicina potenziativa, esperto in medicina antiaging, dietetica e nutrizione.

L’autunno è arrivato e con esso torna in tavola la zucca, un ortaggio molto apprezzato, appetitoso e ricco di proprietà benefiche.

A dispetto del sapore dolce che può trarre in inganno, la zucca è povera di calorie ed è adatta anche all’alimentazione di chi ha problemi di glicemia.

La sua polpa è costituita per oltre il 90 % di acqua e, nonostante l’indice glicemico alto, ha un basso contenuto di carboidrati, inoltre alcuni studi le hanno attribuito proprietà ipoglicemizzanti.

La zucca è ricca di betacarotene, vitamine del gruppo B, vitamina C e sali minerali (in particolare fosforo, ferro, potassio, magnesio, zinco e selenio). Grazie all’alto contenuto di acqua e di potassio aiuta a contrastare la ritenzione idrica.

Ecco una ricetta che vi aiuterà a tenervi in forma in dolcezza!

Ingredienti per 2 persone

500 gr di zucca (già pulita)
80 ml di brodo vegetale c.a.
60 gr di feta light o altro formaggio magro
15 gr di cipolla
Un cucchiaio di olio evo
Erba cipollina q.b.

Procedimento

Mettete in una pentola la cipolla tagliata a fettine con l’olio evo e fatela appassire per qualche minuto a fiamma dolce, aggiungete quindi la zucca tagliata a pezzi e il brodo vegetale.

Coprite la pentola con un coperchio e fate cuocere la zucca a fiamma moderata fino a che non sarà molto tenera (20-25 minuti secondo il tipo di zucca), girate di tanto in tanto.

A cottura ultimata frullate tutto in un mixer fino ad ottenere una crema vellutata; se vi sembra necessario, per ottenere una consistenza più morbida, aggiungete un po’ di brodo vegetale.

Servite la crema di zucca con il formaggio magro tagliato a cubetti, finite i piatti aggiungendo qualche stelo di erba cipollina o altre erbe aromatiche a piacere.

DIGIUNO INTERMITTENTE: per molti, ma non per tutti

La pratica del digiuno intermittente continua a far discutere e a dividere. Come abbiamo visto nell’articolo precedente, questa tecnica può essere declinata secondo diversi protocolli basati su brevi digiuni allo scopo di migliorare lo stato di salute generale. Viene eseguito solo sotto stretto controllo del medico e, pertanto, non ha niente a che vedere con alcuna forma di digiuno ascetico.

Molti studi sostengono che brevi parentesi di digiuno, alternati a fasi in cui il cibo viene consumato liberamente, possano simulare con una certa precisione le condizioni alla base del percorso evolutivo della specie umana.

I benefici di questa pratica sono numerosi. Innanzitutto favorisce un’immediata riduzione della massa grassa e del peso corporeo. Se il digiuno non supera le 72 ore, non vi sono rischi per la massa magra poiché l’organismo utilizza il grasso come principale fonte di energia attingendo alle scorte di trigliceridi del tessuto adiposo, e non alle proteine che costituiscono il muscolo.

Si è visto inoltre che il digiuno intermittente aiuta a combattere l’insulino-resistenza, una delle principali cause di obesità e sovrappeso: stabilizza i livelli di glucosio nel sangue e migliora la sensibilità all’insulina. Per questo è un protocollo indicato anche nella prevenzione del diabete di tipo II. 

Gli studi condotti fino ad oggi evidenziano anche un miglioramento del profilo lipidico nel sangue: diminuzione del colesterolo “cattivo” (LDL) e riduzione dei trigliceridi. Questi due parametri, quando superano i valori fisiologici, costituiscono un fattore di rischio rispettivamente per lo sviluppo delle malattie cardiovascolari e della sindrome metabolica, correlata all’insulino-resistenza.

Gli effetti benefici riguardano anche il miglioramento degli stati infiammatori cronici, alla base di molte malattie autoimmuni e neurodegenerative. Alcuni studi hanno infatti dimostrato che dopo 8 settimane, i pazienti sottoposti a digiuno intermittente hanno riportato livelli di stress ossidativo più basso e una riduzione del danno a carico del DNA. La scienza infatti sta valutando l’utilizzo di questi protocolli nella prevenzione e nel trattamento di alcune malattie come il morbo di Alzheimer.

Questa pratica inoltre promuove il rinnovamento cellulare: in presenza di una minaccia, come un temporaneo deficit calorico, l’organismo per sopravvivere attua dei meccanismi di difesa per proteggersi da eventuali danni, eliminare le cellule danneggiate e rigenerarsi. Il miglior turnover cellulare, da una parte, l’effetto protettivo nei confronti dei danni causati alle cellule dall’invecchiamento, dall’altra, contribuiscono a rendere l’organismo più forte e longevo, aumentando l’aspettativa di vita.

Infine diversi studi sul mondo animale hanno evidenziato una minor incidenza di determinati tumori. Nonostante al momento non esistano ancora ricerche condotte sull’uomo, i risultati finora raccolti lasciano supporre un possibile effetto del digiuno intermittente su alcuni fattori di rischio per diverse patologie oncologiche.

Sebbene gli effetti positivi siano numerosi, è bene sottolineare che non tutti possono praticare il digiuno intermittente. Anche nei soggetti sani, soprattutto in fase iniziale, possono verificarsi disturbi del sonno, irritabilità, ansia, disidratazione e sonnolenza diurna. Per questa ragione deve essere necessariamente eseguito sotto il controllo di un medico, per verificare l’idoneità del paziente ed evitare pericolosi scompensi elettrolitici.

Si tratta di uno strumento dalle notevoli potenzialità, se maneggiato con scienza e coscienza da professionisti esperti. L’improvvisazione non è mai una buona scelta!

 

DIGIUNO INTERMITTENTE: mangiare meno per vivere di più

Tornata alla ribalta negli ultimi tempi, la pratica del digiuno intermittente in realtà ha radici molto antiche. Dagli uomini primitivi ai nostri antenati più recenti, l’uomo è sempre stato abituato a convivere con la scarsa disponibilità e reperibilità di cibo. Il boom economico però ha stravolto le abitudini alimentari della società moderna. Il cibo, soprattutto quello industrializzato e raffinato, è diventato accessibile in ogni momento e in ogni luogo perdendo così la sua primaria funzione di nutrimento e divenendo piuttosto un surrogato.

In realtà mangiare meno e/o meno spesso innesca una serie di meccanismi metabolici in grado di aumentare la forza e la capacità di resistere alla fatica e allo stress fisico. Gli studi condotti sui benefici del digiuno hanno portato all’elaborazione di uno schema alimentare chiamato Digiuno Intermittente o Intermittent Fasting. Questo protocollo prevede l’alternanza di periodi di digiuno e periodi di normale alimentazione, declinati secondo diverse modalità.

Uno dei metodi più praticati è il 5 su 2 (“Fast diet”), che prescrive 2 giorni la settimana di restrizione calorica e un regime alimentare normale negli altri 5 giorni.

Un altro approccio è il cosiddetto 8-16: in questo caso i pasti vengono consumati in una precisa finestra temporale di 8 ore, mentre nelle restanti 16 ore si osserva il digiuno. Ad esempio, se il primo pasto è alle 8 del mattino, l’ultimo sarà alle 16.

Un’ulteriore tecnica è la dieta Mima Digiuno elaborata da Valter Longo che impone solo 5 giorni consecutivi di restrizione calorica ogni 3-6 mesi. Questo programma, spesso accettato e seguito più facilmente dai pazienti, stimola nell’organismo una reazione molto simile a quella del digiuno vero e proprio.

Le ricerche hanno dimostrato che il digiuno intermittente, grazie agli effetti della restrizione calorica prolungata, favorisce la perdita della massa grassa, senza intaccare quella magra e migliora lo stato di salute generale. Per questo trova diversi campi di applicazione: dal trattamento dell’obesità al miglioramento del profilo metabolico, ma anche come regolare abitudine all’interno di uno stile di vita sano.

Si è visto che il mangiare poco è il minimo comune denominatore delle aree del mondo in cui si concentrano i più alti tassi di longevità. Se praticato correttamente, il digiuno intermittente infatti costituisce un vero e proprio allenamento per l’organismo che è quindi costretto a produrre una risposta riparatrice e rinvigorente. Davanti ad un ridotto apporto calorico il corpo regola i propri livelli ormonali: produce una maggior quantità di GH, ormone della crescita, favorendo la sintesi proteica che aumenta la disponibilità di grassi da usare come fonte energetica. In questo modo la perdita di peso è a carico della massa grassa, preservando quella magra.

L’alternanza tra fasi di digiuno e alimentazione normale migliora anche i livelli di insulino-resistenza, responsabili dell’accumulo dei grassi: il corpo quindi riesce a mantenere un metabolismo più funzionale ed efficiente. Per questa ragione il digiuno intermittente è indicato nella prevenzione del diabete di tipo 2.

Inoltre, secondo alcune ricerche il digiuno stimola l’autofagia, ossia la rimozione delle cellule danneggiate, favorisce i processi rigenerativi e il rinnovo cellulare.

Queste dinamiche permettono all’organismo di sviluppare una maggiore resistenza allo stress sia di tipo fisico, chimico e biologico, ritrovando forza e contrastando gli effetti dell’invecchiamento.

 

Polpette di sgombro al forno con salsa allo yogurt e aneto

Gustose e leggere ricette ideate dalla food blogger Silvia Musajo con la collaborazione del dott. De Nobili, massimo esponente italiano di medicina potenziativa, esperto in medicina antiaging, dietetica e nutrizione.

Il pesce azzurro è un alimento prezioso per chi vuole seguire un’alimentazione sana e oltre ad essere gustoso è generalmente più economico rispetto ad altre tipologie di pesci.

Fanno parte di questa grande famiglia pesci dalle diverse dimensioni, tra i più conosciuti ci sono alici, sarde, sgombro, aringa, tonno e pesce spada, che hanno in comune una livrea di colore blu-argento.

Il pesce azzurro ha un elevato contenuto di acidi grassi essenziali Omega 3 la cui assunzione, attraverso una corretta e sana alimentazione, è utile a ridurre la concentrazione di trigliceridi nel sangue e prevenire malattie cardiovascolari.

Oggi vi proponiamo delle piccole polpette di sgombro cotte al forno accompagnate da una freschissima salsa di yogurt e aneto che rende questo piatto adatto ad essere condiviso con gli amici in occasione di un sano e sfizioso aperitivo.

Ingredienti per 15 piccole polpette
(per 5 persone)

300 gr di filetti di sgombro fresco senza pelle
120 gr di patata lessa
30 gr di crusca d’avena o pangrattato integrale
Un cucchiaio e mezzo di capperi
La buccia grattugiata di mezzo limone bio
Mezzo spicchio d’aglio
Prezzemolo q.b.
Sale e pepe q.b.

Ingredienti per la salsa allo yogurt e aneto

170 gr di yogurt greco naturale 0 grassi
Un cucchiaio di aneto fresco tritato c.a.
Mezzo cucchiaino di senape di Digione
Uno spicchio d’aglio
Un pizzico di sale

Preparazione della salsa

Mettete lo yogurt in una piccola ciotola, aggiungete l’aneto tritato, la senape, lo spicchio d’aglio sbucciato e tagliato in due per il lungo, un pizzico di sale e mescolate bene.

Se vi è possibile preparate la salsa allo yogurt e aneto in anticipo e lasciatela riposare per qualche ora in frigorifero così risulterà più aromatica.

Prima di servirla mescolate nuovamente ed eliminate i pezzi d’aglio.

Preparazione delle polpette

Per preparare le polpette di sgombro al forno, prima di tutto lessate una patata intera e con la buccia in modo che assorba meno acqua possibile (meglio utilizzarne una di tipo farinoso come quelle per preparare gli gnocchi).

Tagliate a pezzi i filetti di sgombro, tritateli in un mixer e trasferiteli in una ciotola.

Tritate l’aglio sottilmente e il prezzemolo e i capperi in modo più grossolano, aggiungeteli al pesce insieme a 120 gr di patata lessa schiacciata, la buccia grattugiata di limone, sale e pepe q.b.

Mescolate gli ingredienti fino ad ottenere un composto omogeneo.

Formate le polpette e impanatele schiacciandole leggermente (se utilizzate la crusca d’avena per renderla più sottile potete prima tritarla con un mini mixer).

Adagiatele le polpette su una leccarda coperta con carta da forno e cuocetele in forno già caldo a 200° C in modalità ventilata.

Giratele dopo 10 minuti e proseguite la cottura per altri 10 minuti.

Le polpette di sgombro al forno sono buone sia calde che a temperatura ambiente, per un aperitivo sano e gustoso servitele con la salsa allo yogurt e aneto e un pinzimonio di verdure.

DIETA MEDITERRANEA: più sani, più a lungo

Esportata in tutto il mondo, la dieta mediterranea è un modello nutrizionale basato sulle abitudini alimentari dei Paesi che si affacciano su questo specchio d’acqua e di cui l’Italia è da sempre considerata emblema.

La caratteristica principale di questo tipo di alimentazione è la ripartizione dei macronutrienti: 60% carboidrati, 25-30% grassi e 10-15% proteine.

La dieta mediterranea prevede infatti un largo consumo di cereali e legumi, dunque carboidrati a basso indice glicemico, accompagnati da proteine sia di origine vegetale che animale, come pesce, uova e carne bianca. La principale fonte di grassi è l’olio extravergine d’oliva che previene le malattie cardiovascolari e l’arteriosclerosi , e grazie all’elevato tenore di polifenoli, svolge una potente azione antiossidante e antinfiammatoria.

Vista la generosità della terra e il clima favorevole, frutta e verdura di stagione non mancano mai in tavola. Soddisfano il fabbisogno di vitamine e minerali e limitano l’apporto calorico della dieta grazie all’elevato contenuto di acqua e al potere saziante delle fibre, in grado di riequilibrare il carico glicemico degli alimenti. Proprio per questa ragione, si consiglia di accompagnare la pasta, meglio se integrale, con della verdura.

Si raccomanda inoltre il consumo di frutta sin dal primo mattino, poiché grazie al contenuto di zuccheri fornisce energie per affrontare la giornata, e negli spuntini fuori pasto. Anche la frutta secca è un ottimo alleato della dieta Mediterranea: noci e mandorle apportano aminoacidi preziosi per il nostro organismo. Consumate regolarmente in porzioni di 15-20 gr al giorno, aiutano a ridurre i livelli di colesterolo “cattivo” (LDL) e forniscono una buona dose di magnesio, utile per stimolare la concentrazione.

Da assumere con moderazione, il vino rosso, prodotto tipico dei Paesi Mediterranei, grazie alla presenza di polifenoli, flavonoidi e resveratrolo svolge un’azione antiossidante e neuroprotettiva che lo rende preferibile rispetto ad altre bevande alcoliche.

I primi studi sui benefici della dieta mediterranea risalgono agli anni ‘50. Da allora la ricerca ha fatto passi da gigante e ha portato alla luce i numerosi vantaggi di questo stile alimentare sulla prevenzione e cura di diverse patologie.

Gli studi dimostrano come una dieta ricca di frutta, verdura, noci, cereali, olio extravergine e modeste quantità di vino rosso, che svolgono una funzione protettiva per il nostro cervello, possa ridurre il rischio di sviluppare malattie neurodegenerative come l’Alzheimer.

Grazie all’elevato contenuto di grassi insaturi, fibre, vitamine e oligominerali che contrastano la formazione dei radicali liberi, la dieta Mediterranea ha un effetto antinfiammatorio e antiossidante che abbassa il rischio di sviluppare patologie oncologiche.

Si è visto che seguire un’alimentazione ispirata ai principi della dieta mediterranea, combatte l’insorgere di malattie metaboliche, come obesità, diabete e ipertensione, che, a loro volta, aumentano il rischio cardiovascolare.

L’abbondanza di vitamine e oligominerali presenti negli alimenti e il bilanciamento tra macro e micronutrienti ha un’azione protettiva verso numerose patologie croniche poiché rafforza il sistema immunitario e combatte l’invecchiamento cellulare (anti-aging).

“Fa che il cibo sia la tua medicina” sosteneva Ippocrate, già nel 300 a.C., e nessuna citazione riassumerebbe meglio i prinicipi della dieta mediterranea, oggi.

 

Involtini di branzino al limone con coulis di pomodoro

Gustose e leggere ricette ideate dalla food blogger Silvia Musajo con la collaborazione del dott. De Nobili, massimo esponente italiano di medicina potenziativa, esperto in medicina antiaging, dietetica e nutrizione.

D’estate sentiamo naturalmente l’esigenza di mangiare cibi più leggeri e il pesce è un alimento perfetto per questa stagione calda.

Il branzino, o spigola, è un pesce magro ed è ricco di proteine altamente digeribili; è una buona fonte di potassio, fosforo, calcio, iodio e ferro, quest’ultimo lo rende particolarmente interessante e adatto all’alimentazione di chi ha problemi di anemia.

La percentuale di grassi può variare sensibilmente a seconda se si tratta di un pesce pescato o d’allevamento, per cui è sempre consigliabile scegliere il primo.

Il branzino d’allevamento non è comunque da demonizzare, ma è bene accertarsi di quale sia la provenienza: in Italia esistono allevamenti di qualità dove utilizzano solo mangimi di origine naturale e non vengono somministrati antibiotici o altri medicinali.

Ingredienti per 4 persone

600 gr di filetti di branzino
3 pomodori ramati maturi
30 ml di vino bianco c.a.
Due cucchiai di olio evo
La buccia grattugiata di un limone bio
Aneto q.b.
Basilico q.b.
Sale q.b.
Pepe q.b.
Facoltativo: erba cipollina q.b.

Procedimento

Lavate i pomodori, divideteli in due ed eliminate la parte interna con i semi, tagliateli a pezzi e trasferiteli nel bicchiere di un frullatore insieme a una fettina d’aglio, un filo d’olio evo e sale q.b.

Frullate sottilmente i pomodori e passate il composto ottenuto attraverso un setaccio o un colino così da eliminare eventuali semi residui e la buccia.

Conservate il coulis di pomodoro in frigorifero fino al momento di servire.

Disponete i filetti di branzino su un tagliere, cospargeteli con un po’ di buccia di limone grattugiata, foglioline di aneto, sale e pepe q.b.

Arrotolate i filetti di branzino formando gli involtini e fermateli con degli stuzzicadenti.

Scaldate una pentola antiaderente, aggiungete l’olio e gli involtini di branzino al limone e dopo un minuto sfumate con il vino bianco, lasciate evaporare per qualche secondo quindi abbassate la fiamma e proseguite la cottura dolcemente coprendo con un coperchio.

Dopo 5 minuti girate gli involtini usando molta delicatezza e proseguite la cottura per altri 3 minuti, spegnete la fiamma e lasciateli nella pentola ancora per un paio di minuti.

Prima della consumazione eliminate gli stecchini e, se volete, legate ogni rotolino di pesce con uno stelo di erba cipollina.

Servite gli involtini di branzino al limone con il coulis di pomodoro distribuito sul fondo dei piatti, decorate con qualche fogliolina di basilico fresco.

Smoothie ai mirtilli con semi di chia e fragole

Una ricetta gustosa e leggera ideata dalla food blogger Silvia Musajo con la collaborazione del dott. De Nobili, massimo esponente italiano di medicina potenziativa, esperto in medicina antiaging, dietetica e nutrizione.  

I semi di chia sono un’ottima fonte proteica di origine vegetale e sono ricchi di grassi omega 3 oltre che di sali minerali, amminoacidi essenziali e antiossidanti.
Hanno un alto potere saziante e favoriscono il transito intestinale. I semi di chia possono essere assunti semplicemente crudi, ma hanno l’interessante caratteristica di riuscire ad assorbire molti liquidi (una quantità superiore a 9 volte il loro peso) formando una gelatina vegetale, questo li rende particolarmente adatti alla preparazione di creme e pudding.

I mirtilli hanno proprietà antiossidanti, vasodilatatorie e capillaroprotettrici, favoriscono la corretta circolazione sanguigna e aiutano a combattere il gonfiore e la pesantezza delle gambe tipica del periodo estivo.

Oggi vi proponiamo una ricetta rigenerante e rinfrescante, particolarmente adatta a combattere gli effetti collaterali del caldo estivo.

Con questo smoothie ai mirtilli con semi di chia e fragole potrete ricaricarvi di energia nel corso di un delizioso e salutare snack.

Ingredienti per 2 persone

250 gr di latte soia
200 gr di mirtilli
100 gr di banana
30 gr di semi di chia
4-5 cubetti di ghiaccio
4 gocce di succo di limone
4 fragole
Foglie di menta q.b.
Un pizzico di vaniglia naturale in polvere

Facoltativo: stevia o altro dolcificante q.b.

Procedimento

Mettete i semi di chia in una ciotola insieme a 200 gr di latte di soia e alla vaniglia in polvere, mescolate e lasciate riposare in frigorifero per circa 30 minuti.

Trascorso questo tempo, lavate e tagliate le fragole a fettine abbastanza sottili, fatele aderire all’interno dei bicchieri verso il fondo.

Riversate i semi di chia nei bicchieri con le fragole e ponete nuovamente in frigorifero per almeno 30 minuti.

Lavate i mirtilli e frullateli insieme alla banana, i rimanenti 50 gr di latte di soia, i cubetti di ghiaccio e qualche goccia di succo di limone.

Versate il frullato ottenuto nei bicchieri e servite subito i vostri smoothie ai mirtilli con semi di chia e fragole decorandoli con foglioline di menta fresca e cannucce colorate.

FIBROMIALGIA e ipotiroidismo: due facce della stessa medaglia

La fibromialgia è una malattia cronica caratterizzata da un dolore muscoloscheletrico diffuso, accompagnato da diversi altri sintomi fastidiosi e spesso invalidanti. Colpisce soprattutto la popolazione femminile, con un rapporto di 8 a 1, e si manifesta prevalentemente in soggetti tra i 20 e i 50 anni.

Il dolore muscolare cronico è il campanello d’allarme più indicativo: la fibromialgia si contraddistingue per la presenza di circa 18 punti dolenti situati in diverse parti del corpo, chiamati tender points. Oltre al dolore, i sintomi più comuni sono: stanchezza cronica; difficoltà di concentrazione; perdita della memoria e confusione mentale; mal di testa ricorrente; sbalzi dell’umore fino ad arrivare alla depressione; insonnia; tachicardia; rigidità mattutina e colon irritabile.

Le cause della fibromialgia non sono ancora del tutto chiare, ma è evidente che la maggior parte dei sintomi della fibromialgia coincidono con quelli dell’ipotiroidismo. Inoltre diversi studi hanno evidenziato che circa il 50-60% dei pazienti che soffrono di fibromialgia sono anche ipotiroidei. Dal momento che la correlazione tra queste due problematiche risultava palese, gli studi si sono concentrati nell’analizzare quale fosse il loro rapporto di subordinazione. Si è visto che, somministrando ai pazienti fibromialgici l’ormone tiroideo, le loro condizioni generali miglioravano sensibilmente. A fronte di queste evidenze cliniche si è concluso che l’ipotiroidismo è un fattore di rischio per lo sviluppo della fibromialgia. Inoltre, poichè spesso risulta difficile diagnosticare l’ipotiroidismo a causa di una sintomatologia piuttosto varia e spesso sottovalutata, è probabile che la percentuale di pazienti fibromialgici e anche ipotiroidei sia ancora più elevata e che la fibromialgia derivi proprio da un ipotiroidismo trascurato o non trattato in modo adeguato.

Al momento non esistono esami certi per diagnosticarla né cure per guarire, ma è possibile imparare a tenerla sotto controllo grazie ad uno stile di vita sano e ad un’alimentazione corretta.

Ad esempio, una dieta ricca di zuccheri favorisce i processi infiammatori e il peggioramento dei sintomi; chi soffre di questo disturbo dovrebbe limitare il consumo di pane e pasta, zuccheri semplici e raffinati in favore di alimenti a basso indice glicemico e ricchi di fibre. Anche l’eccessivo utilizzo di grassi, soprattutto di originale animale, e carni rosse contribuiscono all’aggravarsi del dolore cronico.

Via libera invece agli alimenti integrali, al pesce, alle carni bianche, ai legumi e agli ortaggi. In questo caso, il mantenimento del peso forma è fondamentale: alcuni studi hanno evidenziato un picco di incidenza della fibromialgia tra le persone in sovrappeso. Il grasso infatti favorisce l’aumento dei radicali liberi, responsabili degli stati infiammatori che causano dolori diffusi e un precoce invecchiamento cellulare.

Inoltre, i chili di troppo gravano sull’apparato muscoloscheletrico aumentando così i dolori a carico delle articolazioni.

Una moderata ma costante attività fisica volta al ricondizionamento muscolare sicuramente può giovare. Si consigliano attività aerobiche blande ma prolungate, alternate magari ad esercizi di stretching, pilates o yoga per alleggerire le tensioni e favorire l’allungamento dei muscoli.

Dedicarsi del tempo, prendere le distanze dallo stress quotidiano, concedersi un massaggio sono piccoli gesti che sicuramente non sconfiggeranno del tutto il dolore, ma di certo risultano utili a ritrovare la percezione del proprio corpo e il benessere psicofisico.

 

1 2 3 4 6